Il rapporto tra i Big della società dell’informazione e l’Unione europea è sempre stato piuttosto complesso e la recente sanzione milionaria inflitta dall’Antitrust italiana ad Apple e Samsung, colpevoli di obsolescenza programmata di alcuni loro dispositivi, danneggiati da aggiornamenti di sistema tali da rendi pressoché inutilizzabili, è l’ennesima dimostrazione di uno scontro continuo. Tuttavia, in contemporanea con il provvedimento, proprio Apple, attraverso le parole di Tim Cook, ha definito il nuovo Regolamento Europeo in Materia di Protezione dei Dati un esempio che dovrebbe essere seguito anche dagli Stati Uniti.



L’azienda di Cupertino più volte si era fatta paladina del diritto alla privacy e alla protezione dei dati, ma quanto di questo atteggiamento sia dettato da ragioni etiche piuttosto che di business non è poco chiaro. Storicamente, così come riportato anche nella biografia di Steve Jobs scritta da Walter Isaacson, Apple ha sempre visto il sistema operativo Android come fumo negli occhi, tanto da spingere lo stesso Jobs ad affermare che fosse necessario intraprendere una “guerra atomica” contro il sistema operativo rivale.



Android significa Google e non è difficile intuire quanto leggi e norme sempre più restrittive in materia di trattamento dei dati personali danneggerebbe il colosso di Mountain View il cui modello di sviluppo è basato esclusivamente sullo sfruttamento commerciale delle informazioni degli utenti. Questione che, al contrario, tocca ben poco Apple, il cui obiettivo è quello di vendere sempre più Iphone. La conseguenza di una stretta sulla possibilità di “pervadere” la sfera privata delle persone potrebbe essere quella di erodere i ricavi di Google e, forse, limitare la sua possibilità di continuare a investire su Android fino al punto di renderlo a pagamento con tutte le conseguenze del caso per il sistema operativo che oggi è installato in 8 smartphone su 10.



Non casualmente di fronte alla posizione a favore del Gdpr di Apple molto più tiepidi sono stati Google e Facebook, mentre in silenzio è rimasto Amazon, che attraverso il suo assistente vocale sta invadendo le case degli Stati Uniti con effetti collaterali impressionanti. L’azienda di Jeff Bezos ha conquistato l’intero mercato di alcuni prodotti di consumo con il marchio proprietario sfruttando la genericità degli ordini vocali dei consumatori: “Alexa comprami le pile”. Ovviamente quelle che vengono recapitate sono a marchio Amazon. Anche in questo caso restrizioni in tema di privacy difficilmente sarebbero “apprezzate”.

In ultima analisi Apple sembra pronta a rompere un fronte che da sempre si era dimostrato compatto almeno rispetto ai tentativi di regolamentazione della società dell’informazione e questa potrebbe essere la “vera” notizia dell’anno.