I giochi sono chiusi: è questo il risultato dell’incontro tra governo e parti sociali sulla riforma del lavoro, che si è concluso in serata con il no della sola Cgil al pacchetto di riforme. È per questo che “tutte le parti acconsentono all’articolo 18 nella nuova formulazione, ad eccezione della Cgil che ha manifestato una posizione negativa” ha detto il premier, Mario Monti, nella conferenza stampa che ha chiuso l’incontro. Il Capo del governo ha tenuto a sottolineare come la riforma sia stata l’esito di un lavoro comune e come tutte le parti abbiano dovuto rinunciare a qualcosa dei rispettivi programmi; ha però anche sottolineato la necessità di arrivare ad una conclusione, per non protrarre il negoziato all’infinito. Ecco perché nei prossimi due giorni ci sarà spazio solo per una messa a punto sull’impalcatura già raggiunta: “Si terrà giovedì 22 marzo, alle 16, l’incontro finale tra governo e parti sociali a palazzo Chigi con i testi e si stenderà il verbale”, ha detto Monti per suggellare l’“intesa” raggiunta in serata.



La Cgil non ci sta e accusa il governo di voler smantellare, con un attacco all’articolo 18, la tutela dei lavoratori; diversa naturalmente la posizione del governo: “non si vogliono smantellare delle tutele ma rendere meno blindato quel contratto subordinato a tempo indeterminato”, ha detto in conferenza stampa il ministro del Lavoro Elsa Fornero, che ha aggiunto: “piace il no della Cgil sull’articolo 18, spero che i lavoratori comprendano che la nostra riforma vuole essere inclusiva”.



È stato proprio il braccio di ferro sull’articolo 18 ad impedire un’intesa fino in tarda serata. Così cambiano dunque i licenziamenti: il licenziamento discriminatorio è nullo per tutte le imprese, anche quelle con meno di 15 dipendenti; in caso di crisi dell’azienda, se cioè il licenziamento è giustificato da ragioni “oggettive”, non c’è il reintegro ma l’indennizzo da 15 a 27 mensilità; nei casi invece di licenziamento disciplinare, decide il giudice, imponendo o il reintegro o un’indennità fino ad un massimo di 27 mensilità.

Si tratta ora di capire quali potranno essere i margini di intervento sull’accordo chiave che – tiene a precisare il governo – è stato raggiunto con la più ampia convergenza possibile di partecipanti, dai sindacati – con l’esclusione della Cgil – alle associazioni imprenditoriali, Confindustria, Abi, Rete Imprese Italia. Ma “Tutte le parti sociali acconsentono alle modifiche dell’articolo 18 che ha proposto il governo, a eccezione della Cgil. Ci dispiace, ma per noi la questione è chiusa” ha detto Mario Monti. Il governo, ha detto il premier in conferenza stampa, intende ora passare la parola al Parlamento.