Il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, di nuovo in veste di grande suggeritore del “giusto mezzo” ambrosiano per evitare nuovi far west bancari ma anche populistici assalti agli portelli. Ma anche Marcello Minenna, ufficialmente dirigente della Consob, in veste inedita di guru dell’economia internazionale. Sulla prima pagina del Sole 24 Ore, ieri mattina, erano schierati ai blocchi di partenza per la volata finale entrambi i cavalli di razza in volata finale per la presidenza della commissione di Borsa.
Entrambi cognomi noti al milieu finanziario nazionale, Greco e Minenna, benché diversi. Un senatore dell’establishment italiano il magistrato napoletano trapiantato a Milano fin dai tempi di Mani Pulite e giunto ai vertici del palazzo meneghino con un percorso prudente e sapiente: che ha mescolato le sicure radici in Magistratura democratica con una flessibilità culturale che lo ha portato a frequentare i seminari di Cernobbio o quelli di Aspen Italia. A tenere assieme una forte esposizione mediatica sul fonte del risparmio tradito (crack Parmalat), ma senza giustizialismi verso il sistema bancario. Candidato in Consob già in almeno un paio di cambi della Guardia, in ottimi rapporti con la Banca d’Italia, Greco è stato ventilato anche per possibili svolte istituzionali nel sistema delle authority finanziarie: ad esempio, per una super-autorità che riordinasse la vigilanza su tutti gli attori del mercato finanziari; oppure per una super-Procura nazionale sul modello dell’Antimafia. Ipotesi di cui si riparla anche oggi, alla vigilia probabile di una riconvocazione della commissione bicamerale d’inchiesta sulla crisi bancaria (l’anno scorso Greco fu audito fra i primi, con un intervento di misurata severità nei confronti della debole supervisione sui dissesti bancari).
Un Greco alla Consob sarebbe sì il primo magistrato nel ruolo, ma anche figura di larga garanzia come invece difficilmente sarebbe Minenna. Quest’ultimo è invece tipo ideale dell'”antagonista” pentastellato. Personaggio irrequieto, siciliano laureato in Bocconi, Minenna ha sempre considerato troppo stretto il ruolo di capo di uno dei servizi della vigilanza sui mercati finanziari della Commissione. Amante delle tribune mediatiche teoricamente precluse ai tecnocrati vigilanti, era entrato nella prima giunta Raggi a Roma coma assessore al Bilancio e patrimonio: facendosi subito notare per il rifiuto iniziale di mettersi quanto meno in aspettativa in Consob (dove, sulla carta, avrebbe continuato a vigilare su società quotate di cui era divenuto azionista, come la municipalizzata capitolina Acea). Messo nel mirino per confitto d’interesse (lo stesso problema fatale in Consob al presidente-meteora Francesco Nava) Minenna è rientrato in Consob da funzionario ma non ha abbandonato la proiezione pubblica: negli ultimi tempi sul Sole 24 Ore e perfino sul Wall Street Journal.
È evidente il suo vantaggio se davvero varrà la riserva M5S sulla prima poltrona Consob (la Lega sarebbe più interessata all’Antitrust). Ma la discesa in campo di Greco segnala come attorno alla nomina si stiano muovendo dinamiche importanti: presumibilmente legate all’evoluzione tout court del quadro politico nazionale.