Oggi sapremo se i mercati finanziari considerano il salomonico verdetto di Standard & Poor un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. I due contraenti del contratto di governo pensavano che dopo una settimana di contrasti, sia tra di loro sia tra loro e la Commissione europea e alcuni Ministri e Capi di Governo dei nostri partner nell’Unione europea, il giudizio dell’agenzia di rating sarebbe stato più pesante.



In attesa del 13 novembre, quando l’Italia deve rispondere a Bruxelles inviando o un Documento programmatico di bilancio emendato oppure ribadendo quello di metà ottobre tale e quale, i due vicepresidenti del Consiglio hanno annunciato alcune piccolissime aperture come il monitoraggio mensile dei due principali e più costosi (per le finanze pubbliche) programmi di governo (il reddito di cittadinanza e il “superamento” della legge Fornero) in modo di poter aggiustare il tiro, in corso d’opera, ove necessario. È un segno piccolissimo, minuto, ma pur sempre nella direzione di quel “dialogo” auspicato dal Presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia e delle Finanze, e anche da non poche autorità europee.



È un segnale che prenderà maggiore consistenza nei prossimi giorni e che avrà corpo nella lettera del 13 novembre, con la quale l’Italia si mostrerebbe disposta a una vera e propria trattativa? C’è ragione di dubitarne per due motivi: uno strettamente politico e uno collegato con i contenuti meno visibili del Dpb e dell’ormai imminente disegno di Legge di bilancio (si sarebbe dovuto presentare entro il 20 ottobre). La determinante squisitamente politica è collegata con le elezioni europee della seconda metà di maggio. Mentre nell’Unione europea il confronto sarà sostanzialmente tra forze politiche tradizionali di stampo “europeista”, da un lato, e forze “radicali” di stampo “populista e sovranista” (sia a destra che a sinistra), in Italia accanto a questo scontro ce ne è uno tutto nostro tra i due contraenti del contratto di governo per affermare l’egemonia dell’uno sull’altro e, se del caso, fare un “rovesciamento delle alleanze”. I toni verso l’Europa resteranno forti perché elemento di una competizione e campagna elettorale tra Lega e M5S diretta a mostrare chi ha maggior efficacia e visibilità nel difendere gli interessi “sovrani” e “populisti” nei confronti di autorità “non direttamente elette”.



La determinante collegata con i contenuti del Dpb e del disegno di Legge di bilancio non riguarda unicamente la finanza e il debito pubblico (gli aspetti che hanno maggiore risalto nel dibattito), ma la concezione “reazionaria” (nel senso etimologico dell’aggettivo, ossia di volere tornare indietro) che ispira la politica economica giallo-verde. Si vuole tornare indietro rispetto alla modernizzazione degli ultimi venticinque anni? È chiaro a tutti che ci sono intenti quasi punitivi nei confronti di banche, assicurazioni e finanza in senso lato. È anche palese la preferenza per il lavoro autonomo rispetto all’impiego dipendente. Solo gli specialisti di Scienza delle finanze notano la regressione della fiscalità d’impresa a vantaggio dei segmenti più arretrati e stagnanti dell’economia. Unitamente al reddito di cittadinanza che incoraggia la preferenza degli italiani verso il sommerso, si incentivano i segmenti, gli operatori e i comportamenti più “grigi”.

È difficile dire quanto questa miscela sia più “gialla” o più “verde”. La preferenza per il lavoro autonomo è probabilmente verde, ma l’opzione “grigio” pare molto “gialla”. Si tratta comunque di un’impostazione che si scontra con gli obiettivi di modernizzazione e di competitività dell’Unione europea.

Leggi anche

FINANZA/ La retromarcia del Governo e lo spettro di Monti sull’ItaliaPROCEDURA EVITATA/ Rinaldi: l’Italia resta sotto commissariamento dal ‘92SCENARIO/ Deficit e manovra, ecco cosa interessa davvero a Bruxelles