Non è stata certo una giornata all’insegna dei rapporti idilliaci tra Italia ed Europa quella di ieri. Da Juncker, Moscovici, Dombrovskis e Loeger (Presidente di turno dell’Ecofin) non sono mancati richiami a Roma al rispetto delle regole, conditi anche dalla convinzione, da parte del Presidente della Commissione europea, che occorra essere rigidi con l’Italia per salvaguardare l’euro. E sull’importanza della moneta unica sono dovute arrivare rassicurazioni da parte del Premier Conte e del suo vice Di Maio, dopo che le parole del leghista Borghi sui vantaggi dall’avere una propria moneta avevano portato lo spread a superare i 300 punti base. Il leader pentastellato ha però assicurato che non verranno fatti passi indietro sul Def e il deficit/Pil al 2,4%. «Il sentiero è strettissimo e se il conflitto dovesse prevalere sulla cooperazione temo che ci possano esseri problemi seri per ambo le parti», ci dice Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Lei che idea si è fatto di quanto sta accadendo tra Italia ed Europa?
Questo potrebbe essere il momento in cui si scoprono le carte, perché un conto è essere critici con la gestione del progetto europeo e avanzare proposte costruttive, come quella di rilanciare gli investimenti scorporandoli dal deficit, un altro è lanciarsi in pronunciamenti che ricordano pericolosamente la Gran Bretagna della Brexit e che rischiano di creare una spirale di forte polemica non costruttiva. Lo spread è aumentato e potrebbe crescere ancora quanto più sale il tono della polemica fra Roma e Bruxelles.
Secondo lei la “colpa” di quanto sta accadendo è soltanto italiana?
Ci sono responsabilità da entrambe le parti. Non bisogna dimenticare che a Bruxelles hanno festeggiato il rientro della Grecia all’interno del consesso europeo poco più di un mese fa, ma adesso stanno creando le condizioni per cui torneremmo ad avere una situazione esplosiva, perché l’Italia, a differenza della Grecia, può far scoppiare l’euro. Bisogna quindi veramente essere tutti responsabili. Si può anche litigare in una stanza a Bruxelles, ma bisogna raggiungere un accordo e poi rispettarlo.
I toni forti di Bruxelles non rischiano di essere controproducenti?
C’è chi in questo Paese tutto sommato si augura che da Bruxelles arrivi la minaccia della Troika e tutto quello che ne può derivare. Se avvenisse una cosa di questo genere ci troveremmo sull’orlo della fine dell’esperienza europea. È vero che non siamo nella situazione della Grecia, su cui c’erano grandi interessi di banche tedesche e francesi coinvolte, ma se da un lato c’è un minor contagio economico, dall’altro il rischio di contagio politico è enorme. Il momento è delicato, bisogna avere la consapevolezza del fatto che se siamo arrivati qui non è perché gli elettori italiani sono impazziti.
Cosa intende dire Professore?
C’è un disagio, una sofferenza che non può essere messa sotto il tappeto. Dieci anni di austerità per alcuni paesi, Italia in primis, oltre alla Grecia, hanno prodotto dei danni permanenti. Se adesso questi danni venissero consolidati saremmo di fronte a un gioco molto pericoloso.
Come ne usciamo a questo punto? Salvini e Di Maio, dopo aver ottenuto il 2,4% di deficit/Pil, non potranno certo tornare indietro…
Sì, in effetti ci hanno messo la faccia, ma ci sono tante soluzioni possibili. Per esempio, a livello europeo si potrebbe guardare alla richiesta di questa eccezione sul deficit in nome della crescita, con misure finalizzate a migliorare il clima economico e sociale, e poi chiedere all’Italia se ci sono interventi che possono essere anche migliori, più rapidi ed efficaci. Questo sarebbe già un atteggiamento non conflittuale, ma costruttivo, da parte di Bruxelles, che potrebbe anche essere accettato da Lega e M5s. L’importante è ricordare che se il conflitto prevale sulla cooperazione entrambe le parti avrebbero seri problemi.
(Lorenzo Torrisi)