La scenografia che ha accompagnato i festanti componenti del Movimento 5 Stelle che dal balcone di Montecitorio esultavano per il fatto storico dell’ok all’innalzamento del deficit al 2,4% del Pil e, di conseguenza, alla messa in marcia dei provvedimenti che hanno come fulcro l’istituzione del sussidio e della pensione di povertà, con i deputati dello stesso partito che dalla piazza costituivano la “folla” acclamante, mi ha fatto tornare alla mente fatti simili vissuti in Argentina e anche capire quanto in Italia siamo ormai arrivati all’inizio della “inettocrazia” dopo quasi 30 anni di politiche di plastica operate dai Governi targati Forza Italia e Pd, che hanno suggellato la fine della cultura dell’indagine e del confronto per aprire quella del delivery politico e della sottocultura.
Prima di proclamare la “fine della povertà” per decreto (cosa che in altri Paesi aprirebbe le porte di ben altri lidi) bisognerebbe chiedersi che conseguenze hanno portato politiche simili in luoghi dove sono state attuate. Ma tant’è: questo è il “materiale umano” che abbiamo, che ha saputo incanalare la disperazione di una Nazione che non sa più che pesci pigliare per uscire da un’economia ingessata ormai da anni, dove la crisi del 2008 pare continuare senza che nessuno metta veramente la mano sulle problematiche che l’accompagnano.
In primo luogo bisogna dire che non credo assolutamente che lo “sforamento” del deficit al 2,4% possa provocare sfaceli, come urlano da tempo quelle che ora sono opposizioni colpevoli di averci portato a questo punto: Francia e Germania lo fanno da anni fregandosene altamente delle regole di una Ue che di Unione pare non aver più molto e di europeo meno. Ricordiamo che la sola Germania ha ben 71 violazioni ai vari trattati tra le quali quella, importantissima, sul trattato di Lisbona che impone limiti alle esportazioni dei Paesi membri all’interno dell’Unione stessa. Cosa che ovviamente è un formidabile volano economico per i tedeschi, ma che allo stesso tempo soffoca altri Paesi che li rispettano. La stessa Francia ha più volte comunicato di sforare la percentuale del deficit/Pil per anni, senza nessuna conseguenza: quindi no problem e a questo punto l’Italia può sfruttare questa decisione per vedere di mettere in moto un’economia che ormai, lo ripetiamo, è congelata da tempo e un mercato che conseguentemente non si muove.
Fatte queste premesse c’è da dire che bisogna vedere quando e soprattutto in che modo le misure governative verranno messe in marcia. Sebbene il fronte fiscale sia il più importante e sentito, la cosa che lascia perplessi riguarda la creazione sia dell’indennità di cittadinanza che della pensione omonima. Questo perché l’attuazione della misura non ha significato in altri Paesi che l’hanno applicata la diminuzione della povertà, bensì il suo mantenimento e la sua trasformazione in una formidabile macchina di consenso elettorale.
Il Sussidiario già aveva denunciato un mese fa quello che autorevoli fonti diplomatiche nostrane ci avevano segnalato: a causa dell’estrema facilità nell’ottenimento della cittadinanza italiana attraverso lo “ius sanguinis”, il rischio che circa un milione di italiani “fasulli” (persone che hanno avuto il nostro passaporto attraverso discendenze di quasi due secoli fa, quindi che di italiano non hanno più nulla) possano, con “l’aiuto” non certo gratuito di organizzazioni operanti su internet, piombare nel Bel Paese e, attraverso un soggiorno temporaneo, ottenere i succulenti benefits che di certo, in Paesi in crisi, rappresenterebbero una manna dal cielo insperata… pagata però da contribuenti che in Italia ci vivono sul serio.
Ma, come dicevamo, le problematiche che si aprono sono anche altre, e altrettanto pericolose: come quelle accadute in Argentina (ma dobbiamo aggiungere il Brasile), dove questi aiuti hanno costituito un formidabile carburante allo sviluppo del lavoro nero e soprattutto creato un circuito, lo ripetiamo, di interesse politico, in poche parole di scambio tra voto e sussidio che ha inoltre adagiato buona parte degli aventi diritto dall’adattarsi, magari unendo più sussidi (come accaduto con l’Assegnazione Universale per figli), sfruttando pure il surplus che specie in Argentina viene dato alle famiglie di separati (stranamente si è registrato un sostanzioso aumento dei divorzi proprio nelle “villas miserias”). Insomma, facendo sparire in certi ceti la cultura del lavoro per adattarsi all’assistenza, magari rimpinguata con vere e proprie mance elargite nel corso di comizi o manifestazioni politiche. Cosa vissuta personalmente da chi scrive tre anni fa a Buenos Aires, dove di fronte al ministero del Lavoro, luogo i cui si radunavano gli autobus generalmente adibiti al trasporto di scolari, addetti politici dotati di mazzette di banconote elargivano 100 pesos per ogni componente familiare che partecipava a una manifestazione politica dell’ex Presidente Cristina Kirchner.
C’è da sperare che gli effetti della manovra in programma dell’attuale Governo servano per attuare severi controlli sul fenomeno. Anche se le prime avvisaglie sono di senso opposto: una proposta del Ministro Salvini per limitare il diritto allo “ius sanguinis” alla sola seconda generazione (in pratica la cittadinanza si poteva ottenere solo a partire dal bisnonno, come è regola in tantissimi Paesi) è stata annullata per l’intervento del senatore Ricardo Merlo, eletto nelle file del Maie, di cui è fondatore, un movimento che riunisce gli Italiani all’estero. A dimostrazione che il calcolo politico e i voti di parrocchia contano molto di più del bene di una Patria spesso usata per scopi non propriamente condivisibili.
E allora avanti tutta e vediamo che succede: “Non ci resta che piangere”, è il commento di un altissimo diplomatico nostrano a seguito del contraccolpo sulla manovra appena descritta.