Sergio Mattarella ha autorizzato la presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio per il 2019. Del documento non fanno parte reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni, per i quali vengono comunque istituiti due appositi fondi. Ci vorrà quindi del tempo per conoscere i dettagli delle misure principali di questa manovra, che valgono da sole più di 13 miliardi di euro. «Ormai si discute da mesi di provvedimenti che non sono mai stati messi nero su bianco in modo definitivo. Quello che si può dare per certo ora è solo l’ammontare delle risorse stanziate. Ciò vuol dire che il balletto di opinioni, valutazioni e numeri cui abbiamo assistito verrà esteso per altri mesi e trovo che sia una cosa vergognosa, non è quello che ci si potrebbe aspettare», è il commento di Francesco Daveri, professore di Macroeconomia all’Università Bocconi di Milano.
Cosa sarebbe stato opportuno allora?
In una fase in cui i mercati sono nervosi sul futuro dell’Italia, secondo me quello che un Governo dovrebbe fare è scrivere nella Legge di bilancio che cosa intende fare. E poi affrontare il giudizio dei mercati, dei cittadini, della Commissione europea. Il fatto di non mettere nella Legge di bilancio i dettagli delle misure che sembrano essere il cardine delle iniziative di questo esecutivo è una cosa che mi stupisce non poco.
Si dice che togliere reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni dalla manovra possa essere un modo per trattare con l’Europa, facendo capire che non si riuscirebbero a spendere tutte le risorse stanziate per il 2019 e quindi il deficit sarebbe inferiore al 2,4% del Pil…
Non sono un esperto di tattiche, ma rimane il fatto che questa sembra essere l’iniziativa di un Governo che non vuole affrontare il giudizio di chi deve dare giudizi. Non solo la Commissione europea e i mercati, ma anche i cittadini, che devono giudicare nei dettagli il modo in cui una manovra di bilancio inciderà sulle loro tasche, al di là degli slogan che vengono ripetuti in televisione.
Dunque questa tattica potrebbe non funzionare con l’Europa?
Mi sembra che la Commissione europea stia manifestando un orientamento abbastanza preciso che è quello di andare avanti con la procedura d’infrazione per debito eccessivo, non quindi per disavanzo eccessivo, e lo stia facendo in modo rapido, senza attendere le previsioni economiche di primavera. Il punto importante comunque non è il 2,4% di deficit, che pure è una deviazione rispetto a quanto concordato in passato, ma è quello che ci si aspetta o quanto si promette con questo 2,4% in termini di maggiore crescita che porterebbe a una diminuzione del rapporto debito/Pil. Con quel deficit è difficile immaginarsi una crescita dell’1,5%, soprattutto con i chiari di luna che ci sono.
Quanto dobbiamo temere dall’apertura di una procedura d’infrazione?
Di per sé quello che conta è il giudizio dei mercati, delle agenzie di rating più che quello della Commissione europea. Bruxelles potrebbe anche multarci rapidamente, ma non credo lo farà, perché l’economia è già in rallentamento e una multa avrebbe un effetto prociclico, in quanto dovrebbe essere coperta da un taglio di spesa o un aumento della tassazione. Le conseguenze pratiche dell’apertura della procedura d’infrazione di per sé non sono molto importanti, anche se segnalerebbero un isolamento rilevante dell’Italia nei confronti di tutto il resto dell’Europa e dell’Eurozona.
Torniamo alla manovra, cosa pensa del reddito di cittadinanza?
È certamente importante un intervento per aiutare le fasce più deboli, ma bisogna sia assicurarsi che l’assistenza vada a chi ha effettivamente bisogno, e non quindi a chi magari occulta il proprio reddito al fisco, sia fare in modo che i beneficiari non debbano vivere della carità dello Stato, ma possano riuscire a trovare un lavoro o un’occupazione migliore di quella che hanno. Uno dei problemi del reddito di cittadinanza è che è difficile capire in questo momento in che modo si possa frenare la corsa verso il lavoro nero e il settore informale che l’adozione di questa misura così generosa determinerebbe. Mi colpisce poi una cosa.
Quale?
Che con questa Legge di bilancio dovrebbero scomparire alcune delle voci riguardanti forme varie di politiche attive del lavoro. Dopo aver sentito per tanti mesi che ci sarebbe stato il potenziamento dei Centri per l’impiego, cosa non semplice da fare e con risultati che non saranno subito visibili, nella manovra pare che scompaiano i fondi per il credito d’imposta per la formazione, per i competence center. Inoltre, per andare contro la Buona scuola si toglie l’alternanza scuola-lavoro e i fondi per l’apprendistato vengono ridotti. Mi sembra quindi che con le azioni ci si muova in contrasto rispetto agli annunci che si ripetono anche in televisione senza contraddittorio.
Da parte del Governo viene posta molta enfasi sugli investimenti pubblici che verranno realizzati, anche con lo sblocco e l’istituzione di una cabina di regia a palazzo Chigi. Cosa ne pensa?
Sbloccare gli investimenti sarà molto importante. Sono un po’ allergico alla parola “cabina di regia”: viste le esperienze passate avere tante persone chiamate a decidere può portare a dei veti anziché a un coordinamento. Detto questo, i fondi per gli investimenti pubblici nella Legge di bilancio sono circa 3,5 miliardi di euro, ovvero un quarto di quanto viene dedicato a reddito e pensioni di cittadinanza e alla riforma della Legge Fornero. Non si può quindi dire che l’impianto della manovra sia centrato sugli investimenti pubblici.
(Lorenzo Torrisi)