Il ministro del Mezzogiorno, Barbara Lezzi, ha anticipato che entro fine anno sarà adottato il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri che consentirà l’approvazione della semplificazione di secondo livello e la definitiva messa in atto delle Zone economiche speciali (Zes) nel Mezzogiorno. Ciò consentirebbe di completare un percorso di riforma nato da una proposta Svimez di alcuni anni fa, rilanciata di recente e condotta in porto come iter parlamentare dall’ex ministro, Claudio De Vincenti, anche sotto l’impulso della giunta regionale della Campania, guidata dal presidente Vincenzo De Luca e dall’assessore alle Attività produttive, Amedeo Lepore.
Sarebbe un buon segnale di continuità da parte del governo attuale con alcune delle cose buone realizzate dal governo di Paolo Gentiloni negli ultimi tre anni, che avevano portato a un “risveglio del Mezzogiorno” di cui hanno dato conto in un libro appassionato. pubblicato di recente, i curatori, vale a dire lo stesso Lepore con Giuseppe Coco e con la Prefazione di De Vincenti.
Non possiamo che essere contenti di questa continuità d’azione con il governo precedente. Sul blog che uno degli autori tiene su Il Fatto Quotidiano, poco dopo l’insediamento del nuovo governo, avevamo invitato il ministro Lezzi a non cominciare da zero, ma da tre, dai tre ultimi anni di De Vincenti. Sarebbe un ottimo segnale, poiché su certi temi non bisogna avere posizioni ideologiche.
Le Zes sono uno strumento percepito da tutti, nel Mezzogiorno, come utile. Le Zes non sono una politica qualunque, ma ad altissimo potenziale, poiché, se partono bene e se riescono nell’obiettivo, possono veramente fare delle aree coinvolte un volàno di crescita per l’intero Mezzogiorno.
Ma cosa sono le Zes esattamente? Si tratta di aree geografiche nelle quali alle attività economiche che si insediano vengono conferite particolari agevolazioni, sia in termini di fiscalità di vantaggio che di semplificazione amministrativa. Questi vantaggi sono già consentiti in diverse Zes presenti in Polonia, una delle destinazioni non a caso scelte da Fca come area possibile di insediamento della produzione della Panda.
Il motivo per cui si assegnano questi privilegi ad alcuni porti della Campania e del Mezzogiorno è che possano costituire importanti hub della logistica e dei trasporti, sia interni che internazionali, ma anche intercontinentali, per il traffico mercantile. Uno dei grandi vantaggi comparati della Campania e del Mezzogiorno, in generale, è il suo essere una sorta di piattaforma al centro del Mediterraneo per fare da primo approdo alle merci destinate al resto dell’Unione europea e provenienti, attraverso il canale di Suez, dall’Africa, dal Medio e dall’Estremo Oriente. Naturalmente, lo stesso vale per i traffici in direzione opposta.
Si tratta di un potenziale economico sconfinato, capace di servire una popolazione amplissima che possiede un reddito pro capite significativo e in continua e rapida crescita.
Il Mezzogiorno, inoltre, è interessato alla Tav Torino-Lione, anche se non sembra rendersene conto. Attraverso la Tav, il Mezzogiorno potrà essere collegato alla cosiddetta “grande banana”, il corridoio di trasporto trans-europeo che collega la città di Londra con Parigi, Milano, Ljubljana, Budapest e Mosca, passando appunto per Torino, e si ricongiunge così alla Cina, attraverso la Via (terrestre) della seta. Già ora il Sud detiene questa posizione, ma non la sfrutta fino in fondo.
Le Zes hanno lo scopo di mettere l’Italia al centro dei flussi commerciali intercontinentali nell’epoca della grande globalizzazione. Guai se l’Italia, a causa del deficit infrastrutturale del Mezzogiorno, fosse esclusa da queste grandi direttrici del traffico intercontinentale.
Le Zes non vanno viste isolatamente, ma assieme alle aree limitrofe interne. In questo senso, il progetto della Campania si collega all’altro non meno importante dell’interporto campano, con i poli di Nola e di Marcianise, che dovrebbe collegare le Zes anche al resto del Paese. Nel lungo periodo, le Zes possono trasformare il Mezzogiorno da zona periferica a centro pulsante dell’Unione europea.
Questo processo richiede importanti investimenti pubblici e potrebbe giustificare, pertanto, una richiesta di maggiore flessibilità finanziaria all’Ue per il Mezzogiorno. È strano che il Patto di stabilità e crescita preveda ora diversi casi di flessibilità, ma nessuno per le aree periferiche con un tasso di disoccupazione persistente superiore al 25%. Concedere questa flessibilità fiscale è una proposta che abbiamo fatto altrove e che vediamo ben collegata a quella delle Zes.
Si prevede che le Zes potrebbero attrarre importanti investimenti diretti da parte di imprese multinazionali, che consentirebbero una crescita del tessuto produttivo locale attraverso processi di spillover realizzabili anche se il costo del lavoro fosse un po’ più alto che in altre aree del mondo, proprio grazie al loro potenziale come hub logistico e industriale dell’area.
(Ha collaborato Linda Maisto)