Caro direttore,
qualcuno si sta chiedendo se la soluzione al problema spread potrebbe arrivare dagli Usa attraverso qualche importante investitore istituzionale, appositamente mosso magari dall’amministrazione Trump “amica” del Governo italiano.

A mio avviso l’appoggio di Trump al blocco “sovranista” può arrivare solo in forma politica o con qualche facilitazione per i deals di società italiane o di altri paesi amici. Oppure, potrebbe arrivare nella forma di minaccia velata o di veto a deals di portata internazionale riguardanti società franco-tedesche. Ma altre strade sono possibili. Due esempi. La Deutsche Bank Usa è sotto enorme pressione da parte della Fed e della Sec. Basterebbe poco per rimuovere la licenza bancaria e addirittura incorrere in sanzioni miliardarie. Ancora: la Total sarebbe probabilmente danneggiata da indirizzi di politica internazionale più favorevoli all’Eni (si veda la situazione in Libia).



Una strada ancora più concreta di un acquisto di titoli italiani via gestori “amici”? Sembra che Trump abbia incluso l’Italia nella lista di otto paesi che possono ottenere eccezioni sull’embargo iraniano (cioè, fondamentalmente, possono continuare ad acquistare petrolio iraniano, ma con l’obiettivo di ridurre la quantità). Questi messaggi sono forti e hanno un peso.



Torniamo ai titoli. Oltre a una fattibilità politica (trasmissione ordine Trump-fondi) ci sarebbe una fattibilità tecnica (“potenza di fuoco sufficiente”), tenuto anche conto che non ci sono solo i Btp sul mercato secondario, ma anche le nuove emissioni di titoli di Stato italiani?

Data la dimensione del debito italiano, la Bce a malapena potrebbe arginare con acquisti una crisi speculativa seria sull’Italia. La Bce ha la forza della credibilità e della parola (“whatever it takes”) che generici fondi di investimento non hanno. La crisi italiana è stata fatta rientrare soprattutto con le parole di Draghi.



Ma gli acquisti da oltreoceano potrebbero entrare nell’equazione?

Prima di considerare ipotesi di fantafinanza, e parole come “potenza di fuoco”, mi si permetta di dire che è difficile immaginare scelte di investimento di grandi fondi Usa, come ho letto di recente anche sul Sussidiario, basate sulla spinta di Trump. Le cose non funzionano così. Viceversa, in una dinamica quasi opposta si osservano delle evidenze: esistono fattori negativi (negative filters) che possono portare a escludere formalmente investimenti in Italia. Per esempio una grande società di gestione può effettivamente decidere di escludere stabilmente (o sottopesare) dal proprio portafoglio investimenti in titoli di Stato di paesi che non rispettano certi criteri di multiculturalismo, orientamento ai noti valori e dettami della cultura liberal americana, eccetera. È un fatto che ciò già accada nella selezione di azioni e accadrà di più in futuro.

La decisione opposta, cioè investire di più in titoli di paesi che il presidente Trump predilige, sembra difficile. Nel campo dell’asset management gli incentivi per i gestori sono abbastanza chiari: non conosco nessuno che inizierebbe una speculazione al ribasso (short selling di Btp) con un obiettivo di destabilizzazione politica. Magari dei “filantropi” americani, ma non grandi gestori. E tornando al punto, nemmeno conosco gestori che comprano titoli per supportare ideologicamente e finanziare il successo di un governo straniero. Magari mi sfugge qualcosa, non ho mai avuto evidenze di questo tipo da grandi gestori occidentali.

Se vale l’ipotesi pur remota di un “aiuto Usa”, potrebbe valere anche quella di una “moral suasion” franco-tedesca per vendere titoli di Stato italiani (alcuni dei quali in pancia a banche formalmente italiane ma sostanzialmente straniere, come Bnl)? Del resto si è parlato molto di chi ci fosse dietro la vendita di Btp da parte di Deutsche Bank nel 2011. Faccio fatica a vedere un chiaro nesso causa-effetto nel 2011, ma effettivamente ci possono essere vantaggi politici e di immagine a mostrare il proprio bilancio privo di titoli di un paese “border line” politicamente parando, perché l’immagine della situazione finanziaria in Italia, per come è rappresentata dai media nazionali e internazionali, è orribile.

Ma allora all’estero sono tutti “venditori” di Btp? Se uno segue le news di Bloomberg, che è diventato un megafono anti-Trump e anti-sovranisti europei, oppure quelle della Bbc o della Cnn, ottiene un’immagine fortemente ideologica della situazione italiana, peggiore della Turchia di Erdogan. Se si leggono i reports delle banche d’affari americane, si scopre invece che al di là del caos comunicativo e dell’incompetenza del governo di Roma, i Btp sono considerati comunque interessanti a questi livelli. E nessun banchiere americano dimentica di sottolineare il significativo primary surplus del paese.

Quindi, quando ci sono soldi veri e performance da generare, i complotti non reggono facilmente. Il che vuol dire che fare una guerra ideologica “verbale” è molto facile e produce grande risonanza se si parla da uno studio televisivo o dal sito Bbc, ma con i soldi veri non si scherza e gli incentivi degli operatori non sono di tipo politico.

Concludendo, ci sono chances di un aiutino di Trump all’Italia? Ebbene, sì. Io mi aspetto un esplicito aiuto, come già si intravede, ma solo in forma di supporto nelle relazioni internazionali e commerciali. Che è molto più importante che comprare qualche miliardo di Btp.

Chissà se a Roma sono in grado di raccogliere la cima lanciata da Trump… continuo ad essere scettico, non vedo nessun leader del governo italiano in grado di capitalizzare tale situazione. Come ho già avuto occasione di dire al Suo giornale, c’è una sola mente internazionale sofisticata al governo: Enzo Moavero, ma essendo stato imposto dall’alto, viene del tutto emarginato.