Oggi Buenos Aires aprirà le porte al G20, ma le chiuderà ai suoi abitanti che, specie nella zona nevralgica dei grandi alberghi oltre a quella della sede del convegno, vivranno una situazione paragonabile a un coprifuoco che si protrarrà fino a lunedì prossimo. Le misure di sicurezza sono eccezionali e le forze dell’ordine e l’esercito argentino conteranno sulla collaborazione non solo dei servizi di sicurezza di ogni Paese partecipante, ma in alcuni casi di plotoni militari di varie nazioni.
Tutto questo spiegamento di forze per un evento che rischia di cambiare poco o nulla nella grave situazione internazionale che il mondo sta vivendo. Certo i problemi del pianeta verranno discussi in riunioni alle quali parteciperanno organismi e associazioni internazionali che poi alla fine produrranno documenti nei quali si lanceranno allarmi a più non posso, ma il rischio che gli stessi finiscano inascoltati senza poter cambiare minimamente le situazioni è facile da prevedere. Difatti alla relazione non proprio idilliaca tra Stati Uniti, Russia e Cina si aggiunge un’Europa che si presenta frantumata non solo da politiche di austerità che hanno di fatto impedito ad alcuni dei suoi Stati di uscire dalla crisi economica, ma anche da situazioni, come quella dell’immigrazione dal Nord Africa, affrontate con decisioni spesso scandalose e lontanissime da una solidarietà paventata solo nei discorsi. Che peso possa avere un “Vecchio Continente”, pur rappresentato solo da alcuni singoli componenti, in uno stato del genere nel G20 è facile da intuire.
Forse la debacle che seguirà al termine di questo evento sarà l’unico elemento positivo per spronare quello che già alcuni Stati membri Ue chiedono: un cambio radicale di rotta che possa evitare la disintegrazione del bellissimo progetto che proprio il Manifesto partorito nell’isola di Ventotene aveva creato nell’ormai lontano 1943 e tuttavia mai recepito integralmente in quello che è in pratica un club al servizio del sodalizio principalmente franco-tedesco. Perché è veramente ora di muoversi per evitare che pure l’Europa sia investita dal vento che i tre Grandi (Usa, Cina e Russia) stanno alzando.
È noto come la Cina da anni investa massicciamente, sia finanziariamente che tecnologicamente, in Africa e in America Latina in cambio dello sfruttamento di risorse dei paesi ai quali porge aiuto, trasformandoli poi con il tempo in alleati delle proprie politiche, così come Usa e sopratutto Russia stiano puntando proprio sull’eventuale frantumazione dell’Ue per avere influenza sugli Stati più colpiti dalla sua crisi.
Non è un mistero come, dopo non aver risparmiato feroci critiche alla Russia di Putin in anni recenti, proprio Lega e Movimento 5 Stelle, nella loro alleanza governativa, stiano radicalmente cambiando la loro posizione nei suoi confronti. E che anche Trump, per le stesse ragioni, stia tendendo la mano al nostro Paese con il quale però storicamente gli Usa hanno una relazione più profonda.
Certo che quella del G20 potrebbe essere per l’Italia un’occasione per approfondire relazioni politiche ed economiche più profonde anche con lo spesso dimenticato Continente latinoamericano: Argentina e Brasile in primis. Certo, ambedue queste nazioni stanno pure loro attraversando crisi, di diversa natura, ma gravi. Solo unendo le forze in una relazione matura finalmente si potrebbe costruire qualcosa di estremamente interessante integrando le nostre risorse, tecniche, umane ed economiche con Paesi dove, oltretutto, vive una forte comunità italiana. Certo è un progetto alternativo ed estremamente coraggioso ma può costituire, se ben realizzato, un’alternativa validissima allo stallo attuale.