Il ruolo principale della moneta è quello di essere uno strumento per facilitare gli scambi. Quindi è una cosa che deve essere accettata da tutti perché ognuno sappia che con essa si può ottenere in cambio qualunque bene o prestazione gli occorra. In una società di ampie dimensioni la cosa che viene accettata da tutti ha assunto la forma di banconota, ma la tendenza è quella di sostituire la banconota con un valore virtuale, un bip sul computer, per finalità inimmaginabili, ma declamate come utili alla comunità.



Diciamo che il soggetto più adatto a emettere le banconote è lo Stato, il quale comincia a chiedere delle prestazioni o dei beni ai suoi cittadini e li remunera semplicemente emettendo le banconote. Queste saranno via via utilizzate dai cittadini in cambio dei beni che ciascuno andrà a richiedere, dismettendo la pratica del baratto. La domanda di beni e di servizi dello Stato comporterà un aumento dell’attività produttiva nella società, soddisfacendo esigenze collettive e non individuali prima non presenti. Se i beni prodotti hanno caratteristiche durevoli essi consentiranno un innalzamento durevole del tenore di vita della popolazione.



In questo contesto, dovendo partire da zero, quante banconote potrà emettere lo Stato per consentire un’adeguata disponibilità di contante per rendere fluidi gli scambi nella comunità? È una domanda, fermatevi a rispondere! In pratica, ne potrà emettere per l’equivalente di beni esistenti in circolazione e anche più, se non si è arrivati alla piena occupazione.

Se lo Stato si dedicasse solo alla realizzazione di infrastrutture, pertanto, non ci sarebbe limite all’emissione monetaria sempre che richiedesse ai cittadini di ripagarne l’uso, altrimenti dovrebbe cederne la proprietà ai cittadini. Siccome, però, molto denaro sarà oggetto di conservazione per soddisfare bisogni futuri prima impensabili, la crescita monetaria e una preordinata azione di sviluppo monetario stimolerebbero l’anticipo degli acquisti influenzando la produzione privata e lo sviluppo dell’economia.



E se lo Stato cedesse la fabbricazione dei biglietti a un affidabile soggetto terzo, magari non residente e anche organismo privato? In questo caso bisogna mettere in conto che il terzo dall’esercizio dell’emissione di banconote vorrà ricavare un profitto e il denaro emesso non sarà utilizzato per realizzare infrastrutture, né servirà a comprare beni e servizi: l’organismo privato ha limitate esigenze di consumo. Perciò, per rifornire le banconote necessarie agli scambi occorrerà che sia lo Stato, sia i privati se le procurino chiedendole in prestito e pagando gli interessi e le commissioni; però, l’insieme di questi redditi conseguenti alla cessione della sovranità monetaria saranno verosimilmente inferiori alle capacità di spesa del terzo produttore di banconote. Con questo sistema, inoltre, la quantità di banconote in circolazione sarà sempre inferiore alle necessità degli scambi atteso che pagando interessi e commissioni al terzo il denaro si andrà riducendo dando origine a un debito matematicamente impagabile per mancanza di banconote.

Capito il problema? È matematicamente impossibile ripagare un debito quando la modalità di emissione monetaria è soltanto il prestito. C’è una via di uscita? No, perché la matematica non sbaglia. Occorre modificare le regole! Cioè bisogna obbligare il terzo emittente a effettuare investimenti per l’importo degli utili realizzati, peraltro senza aver fatto alcuno sforzo. Ma non basta; questi investimenti sono da localizzare nelle aree dove gli utili sono stati percepiti, altrimenti dette aree verranno spogliate dei loro beni.

Questo fatto vi ricorda qualcosa? Ogni riferimento all’euro non è casuale; inoltre con l’euro siamo costretti a pagare la doppia intermediazione della Banca centrale e della banca commerciale che ci presta il denaro. L’intermediazione della banca commerciale è necessaria al fine di giustificare gli spread.

(1- continua)

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