La Bundesbank parla (per mezzo di un suo economista), ma nessuno in Italia risponde. Che desolazione. Ma cerchiamo di capire meglio il fatto descrivendone anche i contorni. Nella stampa estera la “discussione” tra Governo italiano e Ue dopo la bocciatura del Documento programmatico di bilancio vede diversi interventi nei quali in sostanza si afferma la correttezza della posizione italiana e la scorrettezza dell’Ue, soprattutto riguardo al giudizio negativo sul fatto che la manovra sarebbe fuori la norma in un modo “senza precedenti” in riferimento al rapporto deficit/Pil portato al 2,4%. Un’affermazione ridicola visto che la Francia ha da dieci anni tale rapporto superiore a quello italiano e visto, sempre per esempio, che la Spagna è arrivata a un stratosferico 11% negli anni passati, prima di ottenere una crescita del Pil apprezzabile, ma al prezzo di aver raddoppiato il rapporto debito/Pil, ora vicino a quello italiano (132%).



I maggiori media economici del mondo, come Wall Street Journal, Financial Times e Bloomberg, lo affermano apertamente: il piano di austerità voluto dall’Ue è folle, non può funzionare e non ha funzionato, occorre non ostacolare la sovranità italiana, non ne hanno il diritto. Certo, c’è da tenere in considerazione un certo clima antitedesco di questi giornali, ma comunque questo è il tipo di informazione che viene diffusa.



Il prestigioso economista belga Paul De Grauwe ha affermato recentemente: “I tentativi della Commissione europea di allineare l’Italia oggi sono anche tentativi di imporre eccezioni a questo principio democratico. Non funziona, per fortuna”. E cose simili ha affermato l’economista francese Thomas Picketty: “Patto di Stupidità, non Patto di Stabilità: non si possono risolvere i problemi del debito imponendo norme fisse sul deficit per il futuro. L’Ue vuol governare l’economia col pilota automatico. È assurdo”. E aggiunge l’economista (sempre francese) Bruno Bartez: “Vale la pena, per uno scarto dello 0,4% sul deficit italiano, di ostinarsi a difendere dei principi che rovinano la fiducia, minano il consenso e rallenteranno le economie non di decimi di punto, ma di punti interi?”.

Quindi il dibattito è acceso. E in questo dibattito arriva la proposta di Karsten Wendorff, economista di punta della Bundesbank: una patrimoniale del 20% sul risparmio degli italiani, per dimezzare il debito pubblico. Una follia, che dimostra la necessità di una dura opposizione al piano tedesco. Una follia nei numeri, perché non può riferirsi alla somma dei depositi: infatti questi sono “appena” 1100 miliardi e il 20% sarebbero appena 225 miliardi, una cifra largamente insufficiente. No, lui pensa a tutti il risparmio privato, cioè inclusi gli investimenti in titoli e assicurazioni. Tale cifra totale è di circa 4000 miliardi e il suo 20% sono circa 800 miliardi. Non siamo ancora a metà, ma sarebbe sufficiente per avere effetti devastanti.

Infatti, un’eventuale smobilitazione di titoli e obbligazioni porterebbe a un crollo della Borsa italiana e al disastro finanziario europeo. Una mossa suicida per la stessa Bundesbank e per tutta la Germania. Inoltre, se non si rimuovono prima le cause che portano costantemente il debito a crescere e a segnare nuovi record, anche dopo questa ipotetica patrimoniale fra non molti anni ci troveremo nuovamente nella stessa situazione, ma con il risparmio italiano ormai depauperato.

Ma non finisce qui: nel suo delirio l’economista tedesco ha affermato che in realtà non si tratterebbe di una patrimoniale, bensì di un investimento con tanto di rendimento; quindi, secondo questo ragionamento allucinante, non sarebbe un sequestro forzoso, ma un “investimento forzoso”. Si è solo dimenticato di dire come farebbe lo Stato a pagare gli interessi su questo “investimento forzoso”.

La mia desolazione invece nasce dalla constatazione che nessun economista e nessun politico italiano hanno risposto in modo adeguato, andando alla radice della questione. E la radice della questione è il mantra ripetuto dai politici tedeschi in questi anni, cioè il fatto che loro non vogliono pagare per il debito altrui: perché mai dovrebbero farlo, si ripetono e ci ripetono?

Ebbene, dico io, dovrebbero farlo perché da quando c’è lo spread, cioè da ormai dieci anni, noi contribuenti italiani tramite il signoraggio bancario diamo il nostro contributo finanziario al governo tedesco: quindi è sommamente giusto che ora loro diano il loro contributo al pagamento dei nostri titoli, cioè del nostro debito. O almeno che forniscano adeguate garanzie per lo stesso. In fondo, è questo il criterio degli Eurobond che i tedeschi hanno sempre rifiutato a priori con la stessa motivazione: non vogliamo pagare per i debiti altrui. Una motivazione orribile, che dimostra la totale assenza di solidarietà in ambito europeo. Una motivazione ancora più orribile dopo il rischio di fallimento della Grecia nel 2010: a proteggere quei titoli abbiamo contribuito anche noi italiani con tanti miliardi di euro, quando quei titoli erano in gran parte nei bilanci di banche francesi e tedesche. Quindi, quando ci sono da difendere gli interessi finanziari tedeschi, noi paghiamo. E loro? Quando tocca a loro, perché non dovrebbero pagare?

Ora vorrei tornare al punto prima citato e che a qualche lettore potrà essere sembrato poco chiaro: tramite i titoli di Stato e tramite il signoraggio, noi cittadini italiani abbiamo dato e stiamo dando un contributo finanziario al governo tedesco. Infatti, il signoraggio di Bankitalia è il profitto che la stessa ottiene dal detenere titoli che hanno un rendimento, cioè gli interessi di quei titoli. Gran parte dei titoli posseduti da Bankitalia sono titoli di Stato italiani, che notoriamente, anche per lo spread, hanno un rendimento notevole rispetto ad altri paesi; siamo infatti uno dei pochissimi paesi al mondo a offrire un rendimento positivo, tenendo conto dell’inflazione. E a causa della stessa inflazione, il rendimento dei titoli di Stato tedeschi è negativo (cioè lo Stato a farsi prestare denaro ci guadagna qualcosina).

A causa delle regole attuali, tale reddito confluisce dalle varie banche centrali alla Bce, la quale poi redistribuisce tale reddito nelle quote di riferimento (il 12% a Bankitalia, il 19% alla Bundesbank, il 2% alla banca centrale greca, ecc.). Detto così, il meccanismo sembra neutrale finanziariamente, anche perché concepito quando lo spread non c’era, quindi non c’era differenza di rendimento tra i titoli tedeschi, quelli italiani e quelli greci. Ma ora c’è lo spread (circa 300 punti per i titoli italiani, 500 per quelli greci) e quindi Bankitalia porta alla Bce un contributo maggiore di quello portato dalla Bundesbank. Però la quota italiana è il 12% mentre quella tedesca è il 19%, quindi la Bundesbank incassa una quota maggiore di quella che versa e la differenza viene dai paesi che hanno lo spread. Poi questi interessi, che costituiscono il reddito da signoraggio, dalle banche centrali vengono girati al ministero del Tesoro di ogni Paese.

La quota incassata dalla Bundesbank è maggiore sia perché il debito italiano è proporzionalmente maggiore (infatti in termini assoluti è praticamente pari, 2300 miliardi quello italiano e 2100 quello tedesco), sia perché gli interessi sul debito tedesco sono poco sopra lo zero. Quindi sono almeno dieci anni, cioè da quando c’è lo spread, che noi italiani, tramite le tasse, paghiamo anche gli interessi e quindi paghiamo anche il reddito di signoraggio che, prima tramite Bankitalia e poi tramite la Bce, in parte finisce allo Stato tedesco. Anche per questo motivo sarebbe sommamente giusto che i cittadini tedeschi diano il loro contributo al sostegno dei titoli di Stato italiani. Più che giusto, sarebbe doveroso.

Con questa impostazione aiuteremmo gli amici tedeschi a porsi la domanda cruciale: volete davvero rimanere in questa Unione europea?