Jerome Powell non ha cambiato idea sul rialzo dei tassi perché blandito – garbato eufemismo – dalle minacce social e mediatiche della Casa Bianca o perché si è finalmente reso conto di aver compiuto “un errore da matricola”, come lo ha impietosamente bollato Société Générale nel suo report di mercoledì sera. Si tratta di una strategia di mera sopravvivenza per Wall Street e, di converso, per il mondo intero. Quantomeno, di quella parte di mondo che non si oppone agli interessi e ai desiderata degli Usa, ruolo benchmark del dollaro in testa. Guardate questi grafici, i quali da soli spiegano perfettamente la dinamica in atto.



Il primo mostra alla perfezione quanto dicevo ieri: nel corso dell’ultimo mercato artificialmente rialzista grazie all’abuso di buybacks, stimoli fiscali di corto respiro ed espansione dei multipli per azione da codice penale, solo quest’anno il peso dei mercati azionari Usa sull’indice mondiale generale, Msci World, è cresciuto del 3,6%, raggiungendo il 62,8% del totale, stando a dati di Bloomberg della scorsa settimana. Il mondo è sempre più schiavo non tanto degli Usa, quanto di Wall Street. Decidono loro, altrimenti viene giù tutto.



Ecco a cos’è servito far fallire scientemente Lehman Brothers quando la si poteva salvare, a riconquistare un ruolo di dominio che si temeva di perdere sull’onda della rabbia popolare. Et voilà, è bastato mettere un agente provocatore, un infiltrato del sistema alla Casa Bianca con la maschera di V per vendetta e il gioco è stato fatto, tutti convinti della grande rivoluzione in atto, tutti contenti e pronti alla grande vendetta popolare a colpi di manifattura, autarchia e saluto alla bandiera. Poveri illusi.

Il secondo grafico ci dice che la reazione di mercoledì alle parole di Jerome Powell non deve affatto farci stare tranquilli: il peggio non è alle nostre spalle, è davanti a noi. Abbiamo visto solo il trailer del film, per resettare il mercato come in realtà occorre al fine di sgonfiare le bolle presenti ovunque e rimettere in pista in grande stile le Banche centrali ci vuole altro. E ce ne accorgeremo presto. Il grafico ci mostra infatti come la reazione di Wall Street sia stata soltanto un eccesso di euforia da disperazione: il mercato già prezzava un solo aumento dei tassi per l’intero 2019 prima che Jerome Powell parlasse, quindi che diavolo ha festeggiato in quel modo? Reazione da bipolare: si naviga a vista, le sovra-valutazioni sono talmente ubique, presenti in ogni asset-class, che ormai si vive giorno per giorno, come i tossici in cerca della dose.



Il terzo grafico, poi, ci mostra plasticamente come Usa e Cina stiano giocando al poliziotto buono e poliziotto cattivo alle spalle del mondo, Europa in testa. Altrimenti, come mai, il Plunge Protection Team della Banca centrale cinese, il consorzio di banche che entra in campo a comprare quando i mercati equities di Shanghai e Shenzen crollano, nel terzo trimestre di quest’anno non solo non avrebbe comprato nulla, ma, addirittura, si sarebbe tramutato in venditore netto di equities cinesi per un controvalore di 104 miliardi di yuan? Insomma, il veicolo nemmeno tanto occulto con cui la Pboc mantiene artificialmente a galla i mercati, ha invece contribuito al loro ulteriore affossamento, quando già da settembre i due indici principali viaggiano in bear market ufficiale, ovvero -20% dai massimi. Esattamente come gli Usa, la Cina sta stimolando l’incidente, per dirla con Battisti sta guidando a fari spenti nella notte, sta creando le condizioni del botto sufficientemente grande e spaventoso per giustificare un cambio di rotta di 180 gradi nelle politiche monetarie.

Siamo sull’orlo del baratro, signori. manca tanto così. A livello globale. E il G20 in corso a Buenos Aires ci dirà in maniera proxy a che punto sia il danno già compiuto, perché se per caso non ci sarà accordo ma rottura – più o meno concordata e teatrale – fra Trump e Jinping e davvero il presidente Usa farà partire, oltre al nuovo round di sanzioni per 250 miliardi di dollari di controvalore previste per gennaio, anche dazi sull’import di auto straniere, allora si sarà passati all’opzione nucleare, all’accelerante nell’incendio doloso. A quel punto, significa che le élites che muovono i fili della politica economica di Trump hanno deciso che è meglio lo shock di una recessione a brevissimo, in modo da arrivare fra due anni al voto per il rinnovo della Casa Bianca con politiche di stimolo in atto. E il vento dei sussidi statali in poppa.

Ecco la ripresa che vi hanno venduto finora come boom economico, cari signori, ecco la rivoluzione sovranista che doveva spazzare via l’establishment. Wall Street conta e detta legge più di prima. Auguroni. E con sempre più voci, anche all’interno del governo May (l’ultimo, solo mercoledì, il ministro della Salute, Matt Hancock), che parlano ormai apertamente di un secondo referendum sul Brexit come opzione ormai inevitabile e la Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo in campo per decidere addirittura se l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, quello che appunto ha consentito la Brexit, possa essere abolito unilateralmente dal Regno Unito (vanificando così l’addio all’Ue, direi che l’inganno sovranista a garanzia della riconquista della verginità da parte delle élites responsabili del 2008 sia svelato del tutto. E non mi interessa lo studio della Bank of England relativamente all’impatto negativo del Brexit sulla crescita economica britannica, addirittura un potenziale -10% del Pil (“Rischiamo la peggiore crisi dal 1945”) in caso di uscita senza accordo, il cosiddetto No deal, bensì la vita reale, la carne e il sangue di quelle strade su cui ho camminato per quasi due anni della mia vita e che conosco molto bene.

Mi interessa questo, per l’esattezza. Ovvero, il fatto che negli ultimi tre anni il numero di senza fissa dimora nel Regno Unito della Brexit e dei miliardi fabbricati negli scintillanti grattacieli della City sia continuato a crescere, raggiungendo – quando manca ancora un mese alla fine dell’anno – le 320mila unità nel 2018. Gli ostelli e i ricoveri, semplicemente, esplodono. Le associazioni di volontari come Shelter, curatrice dello studio che ha fornito queste cifre, non riescono a stare dietro alle sempre crescenti richieste di aiuto, i banchi alimentari hanno visto quadruplicate le presenze. Anche di ex classe media, la più colpita.

Non lo dico io, lo dice questo report, a dir poco da pelle d’oca. Siamo alla follia, cari lettori. E mi pare, anche in questo caso, di avervi avvertito al riguardo a tempo debito. Molto debito. Tra l’11 e il 13 dicembre, l’Europa deciderà il suo futuro e il suo ruolo nel nuovo conflitto globale: voto a Westminster appunto sull’accordo per dare il via al Brexit e board della Bce sulla fine del Qe, di fatto ciò che è chiamato a mantenere in vita le banche europee attraverso, quantomeno, un paio di aste di rifinanziamento a lungo termine sulla scorta dell’Ltro. Chissà che Natale ci aspetta.

(2- fine)