Per i broker di Nomura l’Italia trapotrebbe essere il “cigno grigio” del 2019. Con il nome del nobile ma immaginario pennuto si usa definire una via di mezzo tra gli eleganti uccelli che popolano laghi e fiumi e il “cigno nero”, l’immagine scelta da Taleb per descrivere un evento inatteso, ovvero una disgrazia che ci cade tra capo e collo con un carico di guai che si rivela più pesante nel tempo di quanto inizialmente pensato, ad esempio la crisi dei mutui subprime.
Il cigno grigio è una via di mezzo che tende al lieto fine. Il pericolo, in questo caso, si rivela inferiore a quanto temuto. O, addirittura, si traduce in un’opportunità. È quanto pensano, in questo scorcio prenatalizio, non pochi broker e operatori finanziari, allettati dall’andamento della finanza di casa nostra, che appare meno malconcia di quanto temuto in questi mesi di proclami bellicosi da parte degli “azionisti” del Governo giallo-verde. Intendiamoci, i costi della fibrillazione permanente sono stati alti come ci conferma il conteggio quotidiano dello spread monitorato da tv e siti finanziari in tempo reale. E gli investitori stranieri hanno, come sempre, espresso i loro timori con i piedi, uscendo dagli investimenti nel Bel Paese.
Dal bollettino di Banca d’Italia risulta che a settembre i soggetti esteri detengono titoli di Stato italiani per 656,2 miliardi di euro, poco sotto i 656,6 miliardi di agosto, ma comunque ai minimi da marzo 2014. Sempre secondo le stime di via Nazionale, la quota di debito pubblico in mano agli investitori esteri è calata al 24% del totale nel secondo trimestre, tre punti percentuali in meno, la maggior discesa dal secondo trimestre del 2012. Una situazione scomoda per un Paese che, secondo i dati di ieri, ha accumulato a ottobre 100 milioni di debito in più per ogni giorno di calendario: 3,2 miliardi in 31 giorni, per un importo complessivo di 2.334,4 miliardi di euro, una cifra assai scomoda, al di là delle rampogne del Commissario Ue Pierre Moscovici, a torto considerato come un “nemico” dai sovranisti di casa nostra, che non potrebbero certo sperare in più comprensione da parte di un rappresentare scandinavo, baltico o dei Paesi Bassi.
Di fronte a questi numeri e, ancor di più, alla novità della fine degli acquisti da parte della Bce, non sarebbe insensato pensare al peggio. Anche perché l’asticella del Prodotto interno loro, lungi dal premiare le previsioni iniziali del Governo, è ormai scesa sotto l’1%.
Eppure, proprio adesso tornano a farsi vivi i compratori della carta italiana, sia azioni che titoli del debito. Le ragioni? Ovviamente, la sensazione che sia l’Italia che la Commissione Ue faranno il possibile (e qualcosa di più, se necessario) per evitare una frattura che sarebbe una vera iattura, sia per l’Italia che per la Comunità, che si avvia alle prossime elezioni di primavera con un carico di preoccupazioni straordinario, a partire dal rischio che la Brexit possa tradursi in un collasso rovinoso per tutti. In questa cornice, gli analisti hanno preso atto che l’Italia non è poi così male, specie dopo i ribassi di questi mesi. Da inizio 2018 la perdita delle nostre blue chips è intorno al -13,5% con il risultato che i loro multipli offrono attualmente numeri attraenti: il P/E medio, cioè il rapporto prezzo/utili è pari a 10,4 volte; il ritorno atteso in termini di dividendo è in media del 4,35% lordo, un dato ottimo, il più alto tra i listini della zona euro.
E che dire dei titoli di Stato? I Btp sono tra i valori più ambiti, anche dal colosso del risparmio BlackRock, spesso oggetto delle accuse più fantasiose da parte dei dietrologi. Ecco quel che si legge nella nota del colosso dopo la conferenza stampa di Mario Draghi: “In termini di posizionamento, manteniamo una piccola posizione lunga in titoli di Stato italiani, una corta invece sui Bund tedeschi e deteniamo posizioni selezionate in obbligazioni societarie europee”. Insomma, i Btp, che pur richiedono un pizzico di coraggio, piacciono per l’ottimo rendimento, soprattutto dopo che gli indici Pmi hanno confermato che i disordini in Francia dei gilets jaunes hanno provocato danni ben peggiori all’economia di Parigi dei proclami del nostro Governo.
Un cigno grigio? O forse l’ombra delle oche, guardiane fedeli del Campidoglio.