Con gli ultimi provvedimenti normativi riguardanti la solvibilità delle banche, il contesto europeo ha sferrato un ulteriore attacco all’Italia, approfittando della linea di guardia tenuta abbassata grazie alla complicità di persone poste ai vertici di organismi vitali, palesemente schierati a favore di coloro che ci stanno mettendo con le spalle al muro.



Già da questa estate, con il mio secondo libro, rendevo di pubblico dominio alcune operazioni scellerate compiute ai danni dell’economia italiana. Dopo le ultime consultazioni elettorali, la lentezza delle procedure di formazione del nuovo governo favorivano i nostri nemici che, speranzosi e combattivi, hanno avuto tutto il tempo per preparare i bazooka necessari ad abbattere la debole resistenza neogovernativa.



Il mio non è allarmismo; infatti, l’ultimo obbligo imposto alle banche europee di collocare le proprie obbligazioni subordinate (cioè quelle che sono a presidio delle perdite subito dopo le azioni e prima di attivare il bail in) sul mercato secondario è stato studiato apposta contro i Paesi deboli per condurli all’autodistruzione.

Cosa significa per l’Italia questo provvedimento? Significa che le banche aventi residenza in Italia dovranno rivolgersi al mercato per vendere le proprie obbligazioni; in tal modo, si creerà una differenziazione tra le banche in funzione del Paese di residenza e, soprattutto, in base alla clientela assistita (vi dice nulla la fretta delle grandi imprese italiane a trasferire all’estero la propria sede legale e amministrativa? per non parlare di quelle straniere che ancora operano in Italia). Ne consegue che per queste obbligazioni, emesse da banche con residenza italiana, verrà giustificato un tasso d’interesse più alto, differenziazione oggi non esistente.



Allo stesso tempo, se queste banche volessero acquistare titoli dello Stato italiano, non potrebbero farlo, perché questi titoli sono incapaci di generare quella redditività necessaria a remunerare le obbligazioni subordinate emesse con cedola più onerosa.

Si determina, perciò, una reazione a catena: diminuiscono gli operatori che possono acquistare titoli di Stato italiani, con conseguente incremento della cedola; sarà più contenuto il numero dei soggetti specializzati al collocamento dei ripetuti titoli di Stato italiani, rendendo più onerosi i costi e le commissioni di collocamento; aumenterà il costo del finanziamento bancario per le imprese e i privati cittadini, onde consentire di remunerare le obbligazioni subordinate; si ridurrà la capacità competitiva delle imprese italiane e conseguentemente saranno collocate fuori mercato; da ciò maggiori sofferenze, ulteriore maggior costo per nuove obbligazioni subordinate, e così via, fino all’estinzione della nostra fiorente economia.

Tutto per un pezzo di carta che ci è stato imposto al fine di partecipare non a una maggiore crescita economica, ma a un circolo della morte.