Difficile, ieri, scegliere nel notiziario riguardante la Banca d’Italia. Cominciamo – intenzionalmente – dal fondo: dalla notizia apparentemente meno rilevante.

Un’intervista su Repubblica – non priva di evidenza – ha informato i lettori-elettori che una funzionaria 50enne di Via Nazionale (tale Antonella Dragotto) è candidata in Campania per +Europa: lista personale di Emma Bonino, apparentata con il Pd (personale) di Matteo Renzi. Veniamo edotti che Dragotto è dal 2013 capo dell’ufficio stampa della banca centrale, dopo aver lavorato nella Vigilanza. Siamo informati fra virgolette che all’interessata “pare di aver fatto bene nell’incarico” e che la candidatura “nasce da un rapporto di stima con Bruno Tabacci”. Quando a Banca d’Italia, secondo Dragotto “funziona, fa bene il suo lavoro”. Non da ultimo: la candidatura non è “una scelta di vita”, come ad esempio quella del condirettore di Repubblica, Tommaso Cerno. Dragotto ha scelto prudentemente l’aspettativa, “vediamo come va”. Se non verrà eletta, il 5 marzo tornerà a comunicare, stipendiata da Bankitalia: in tempo per le prossime Considerazioni finali di Ignazio Visco, appena riconfermato governatore.



L’intervista compare sotto l’articolo di cronaca riguardante la conclusione dei lavori della commissione parlamentare d’inchiesta sulla crisi bancaria. Non solo nel resoconto giornalistico di Repubblica viene accreditata l’approvazione della relazione proposta dal presidente Pierferdinando Casini. E’ una narrazione sostanzialmente non corretta: nel testo di 390 pagine rilasciato dalla Camera, le relazioni sono quattro. Solo la prima (senatore Marino, Pd) è stata approvata da una “maggioranza relativa” garantita dal Pd, ma con l’assenza decisiva di tre commissari di Forza Italia e di un commissario ex M5s (ora Gal). E’ la più smilza rispetto alle altre tre relazioni di minoranza depositate: una a firma Brunetta-Meloni, una riconducibile a M5s, una (la più corposa) a Mdp. A differenza della “relazione Casini, citano sia il “caso Boschi-Banca Etruria” sia il “caso De Benedetti” ed enfatizzano la richiesta di un giro di vite su “libere uscite” e “porte girevoli dalla Vigilanza della Banca d’Italia (raccomandano cioè a Visco di impedire quello che sta facendo in questi giorni la sua funzionaria Dragotto, incaricata negli ultimi anni di vigilare sulle banche in crisie e di comunicare con prontezza ed efficacia con i risparmiatori).



Eppure – sempre ieri – non è mancato un forte attestato di solidarietà alla storica vigilanza di Banca d’Italia. Rompendo un riserbo pressocché ininterrotto dalla sua traumatica cacciata da Via Nazionale, il governatore “non emerito” Antonio Fazio è tornato a parlare, criticando l’Unione bancaria e l’accentramento della vigilanza presso la Bce (sotto la responsabilità formale del suo successore Mario Draghi). E nel mentre ha addossato la crisi bancaria principalmente alla recessione (indotta dall’euro-austerity adottata dal governo Monti con l’appoggio di Draghi), Fazio ha difeso l’efficacia di una supervisione nazionale “vicina alle banche”. Né ha mancato di spendere qualche inedito aggettivo di attenzione verso il programma di M5s: il tutto nell’ambito di un seminario promosso da Fabrizio Palenzona, uno dei personaggi più trasversali della Seconda Repubblica, fra grandi banche, grandi Fondazioni, grandi infrastrutture.



La commissione bancaria si è conclusa (al netto del probabile ri-flusso di documenti in campagna elettorale). E se Bankitalia ha evitato i rischi di un’insidiosa riscruttura del passato prossimo, è ancora lontana dalla riconquista di un vero “new normal”.