È parso un intervento abbastanza ordinario, sul terreno bancario, quello del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, al convegno Forex. Non ha sorpreso: nei fatti era la sua prima uscita esterna dopo la testimonianza alla commissione parlamentare d’inchiesta, a sua volta a stretto seguito della sua movimentata riconferma in Via Nazionale. Nel pomeriggio, a Verona, era poi in programma un intervento del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: lui pure, peraltro, molto attento in questi giorni al suo ruolo di candidato Pd più che a quello di ministro delle Finanze pubbliche e private. I due hanno comprensibilmente badato a non incrociarsi in alcun modo, limitandosi a sottolineature quasi di routine sulla lunga convalescenza del sistema bancario. Salvo – nello speech di Visco – un accenno insistito sul riassetto del Credito cooperativo.
La riforma delle Bcc – varata non senza qualche polemica dal governo Renzi due anni fa – è ancora lontana dallo sviluppo operativo. E le crisi delle Popolari, di Mps, di Carige e di altre banche locali hanno contribuito a tenere basse le luci su quanto è accaduto nel frattempo nel credito cooperativo: che anzitutto ha rotto la storica unità del suo sistema-movimento. Due progetti concorrenti sono nati da Iccrea Holding (inizialmente candidata a guidare un Gruppo Bancario Cooperativo unico) e da Cassa Centrale Banca, la capogruppo delle Bcc trentine. Entrambe hanno condotto roadshow a caccia di adesioni, aprendo fossati in tutte le 15 federazioni regionali in cui si articola tuttora la Federcasse, centrale associativa nazionale. Nessuno dei due progetti è giunto tuttavia al punto da affrontare con successo l’esame della vigilanza nazionale: che ha sottolineato Visco al Forex, sarà responsabile di un approfondito esame preliminare, prima che i piani vengano trasmessi alla supervisione Bce.
Ma il governatore non si è limitato a un richiamo sui tempi: ha invece espresso nel merito la sua insoddisfazione per il prosieguo del riassetto delle oltre 300 Bcc italiane. I cui “coefficienti patrimoniali”, anzitutto, “continuano a essere più elevati di quelli medi di sistema, ma il divario si va riducendo”. E questo ha ragioni precise: “Le misure adottate per fronteggiare il grave deterioramento della qualità dei prestiti sono state meno incisive di quelle adottate dalle altre banche”. Dunque: “È necessario che le capogruppo predispongano adeguati piani di rafforzamento da attivare in caso di necessità”.
Può darsi che la bacchettata alle Bcc sia stata un utile diversivo in una fase politicamente delicata. Certamente Visco-2 non vi ha rinunciato: approfittando anzitutto per segnalare una ripresa d’iniziativa da parte della vigilanza “interna”, con un ruolo pià attivo anche verso Francoforte. Nel merito, in ogni caso, il riassetto delle Bcc è oggettivamente in mezzo al guado: e non è affatto escluso che il ritorno alla moral suasion celi indicazioni più specifiche. Da un lato Via Nazionale sollecita aumenti patrimoniali” (soprattutto alla Ccb), ma avverte che i piani saranno oggetto di “esame approfonditi”: non solo, prevedibilmente, nell’entità dei capitali messi in campo, ma anche nella loro qualità (cioè nei nomi degli futuri soci delle capogruppo Spa di un comparto creditizio che continua a chiamarsi “cooperativo”). Non è mancato, tuttavia, chi ha visto nella sortita sul credito cooperativo un accenno più squisitamente politico: una frecciata a Matteo Renzi, che non ha mai fatto mistero dell’intento di spaccare il comparto, che in Toscana forma un enclave molto vicina al “Giglio magico”. E che in Trentino e Alto Adige ha agito anche da leva contro l’unità e quindi la forza di uno storico “corpo intermedio” del sistema-Paese.