L’Ue ha corretto al rialzo le previsioni di crescita del Pil italiano nel 2018, dall’1,3% all’1,5%. In effetti la ripresa si sta consolidando. È ancora lenta, ma sta proseguendo. Ora è razionale chiedersi come si potrà accelerarla e cosa potrebbe interromperla. Ed è opportuno farlo perché, comprensibilmente, il governo tende a enfatizzare in campagna elettorale le buone prospettive e a oscurare i problemi, fatto che chiama analisi il più oggettive possibili.



Al momento la domanda globale, cioè il tiraggio dell’export, sembra poter restare vivace nel 2018-19. In questi giorni è cresciuto il rischio di uno sgonfiamento della bolla borsistica a partire dal mercato azionario statunitense che, se non contenuto, potrebbe in teoria innescare una crisi finanziaria mondiale poi seguita da recessioni pesanti. Ma probabilmente si tratta solo di una correzione al ribasso dei valori che prepara nuovi rialzi giustificati dal buon stato dei fondamentali economici in America e in Europa e, per lo più, nel resto del mondo rilevante. Il rischio bellico resta elevato e latente in molte aree, preoccupante il recente riscaldamento nel teatro mediorientale, ma è più probabile che rimanga circoscritto entro tali aree stesse senza internazionalizzazioni fuori controllo. Così come il rischio di barriere commerciali che facciano implodere il mercato globale resta basso nonostante l’aumento di eventi protezionistici.



In sintesi, il sostegno esterno alla crescita italiana appare robusto, pur maggiori le turbolenze. Infatti, il rischio maggiore per l’Italia sembra essere quello di non raggiungere un ordine interno entro un’Eurozona in via di strutturazione che ne richiederà di più. Nel 2018 cesserà l’effetto protezione del debito pubblico italiano da parte della Bce e Roma dovrà mostrare di riuscire a ridurlo e a sostenerlo sia facendo meno deficit sia spingendo di più la crescita, cioè dandosi più ordine economico. Se ciò non avvenisse, l’Italia sarebbe pressata dall’Ue per applicare un rigore che potrebbe tenerla in stagnazione o perfino rimandarla in recessione.



Con una complicazione: tecnicamente l’Italia è ancora lontana dal livello di ordine richiesto e non riuscirà a costruirlo in pochi mesi. Quindi dovrà convincere sia il mercato sia l’Ue che ce la farà nel futuro, intanto facendo passi nella giusta direzione che permettano di rendere credibile una profezia positiva sull’Italia stessa. Il problema di governabilità e disordine politico che si prevede nel dopoelezioni è pertanto il massimo rischio da prevenire e contenere.

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