Da mesi tutti parlano di bitcoin. Il loro valore cresce e diminuisce, come su un’altalena. Ognuno ha una sua opinione. La cosa interessante è che tutti, proprio tutti, se ne occupano. Dai grandi dell’economia riuniti a Davos, fino al piccolo investitore. Perché tutta questa attenzione? Perché ora? La risposta di chi studia i comportamenti economici attraverso le neuroscienze è molto semplice. Bitcoin è diventato un brand. Chi ha creato la criptovaluta ha seguito tutte le regole per essere attrattivo sul cervello degli investitori. Facendo esattamente le stesse cose che i brand fanno per diventare i primi nella mente di chi compra. 



Servono tra 5 e 10 anni per trasformare un prodotto di nicchia a icona di massa. Il bitcoin è stato fondato nel 2009, quindi la scala dei tempi è perfetta. Gli studi di neurovendita dimostrano che i brand di successo attivano due porzioni del cervello: il nucleo caudato e l’insula. Si tratta di parti del sistema limbico, ovvero la centralina che regola le emozioni. Un brand è un magnete emotivo. Un’icona che spegne la razionalità, inducendo automaticamente il comportamento d’acquisto. 



Cosa accomuna bitcoin ai brand di successo? Logo, mistero, senso di appartenenza, storie e principio di scarsità. Il bitcoin ha un logo, la B con doppia appendice, su sfondo arancione. Si fonda sul mistero visto che nessuno sa con certezza chi l’abbia inventato. Ufficialmente si dice un informatico di nome “Nakamoto”, anche se si tratta di uno pseudonimo. Lo stesso “Nakamoto”, dopo aver creato il software si è ritirato dalla comunità bitcoin, esattamente come un profeta dopo la predicazione, alimentando ulteriormente il misticismo. Bitcoin crea un forte sentimento di appartenenza perché si scontra con la finanza ufficiale, normata e regolata dalle banche centrali. L’idea di una moneta senza regole e confini, fa sentire chi la usa parte di un gruppo in lotta con l’establishment. Far sentire chi usa un “prodotto”, un pioniere contro un forte nemico comune è il modo più efficace per creare una solida comunità. 



Questa strategia è stata usata con successo dal bitcoin. Il web è pieno di storie sulla criptovaluta. Persone che hanno investito un dollaro nel 2010, oggi sono milionarie. Famiglie che sono passate dal vivere in un monolocale alla villa con piscina. I social hanno dato enorme visibilità alle storie di persone che hanno raccontato di aver cambiato la propria vita grazie a questo investimento. Lo storytelling miracolistico alimenta la diffusione del brand. 

Il gran finale risiede nel principio di scarsità. I bitcoin sono 21 milioni nel mondo. Il numero di bitcoin è una precisa quantità. Non possono essere aumentati. Il valore di ogni pezzo può solo crescere o diminuire rispetto al valore di scambio iniziale in base alle richieste. Se un bene è limitato e poco disponibile, allora si è disposti a pagarlo gradualmente sempre di più. Chi ha progettato il bitcoin ha inserito il principio di scarsità come leva fondamentale, visto che ha fissato il loro numero a priori. Il cervello è attratto da tutto quello che è limitato. 

Non so come andrà il bitcoin. Sicuramente gli stati e le banche centrali dovranno prendere una decisione normativa sulla criptovaluta. Di una cosa però si può essere certi. Chi ha progettato bitcoin, conosceva molto bene il funzionamento cerebrale umano e come si crea un brand di successo.