Il “giallo” del buco di bilancio della Bt Italia, filiale del colosso internazionale British Telecom, non accenna a scolorire. Con buona pace dei 6.000 piccoli azionisti ex Inet che, dopo la fusione della loro azienda nella casa madre Bt Italia, sono rimasti incastrati nel capitale della società senza poter vendere le loro azioni e senza alcuna possibilità di vedersele comprare dalla casa madre. Se ne può riparlare non perché l’inchiesta giudiziaria in corso a Milano abbia finora prodotto risultati, ma per alcune curiosità emerse all’assemblea del 26 gennaio scorso, riunitasi – con grande ritardo sul calendario normale – per approvare il bilancio al 31 marzo 2017. 



Ebbene, dai conti presentati e approvati, e dalla relazione del Collegio sindacale, emerge che sicuramente la vita delle branch periferiche delle multinazionali… è bella complessa. Come molti ricorderanno, a fine settembre 2016, arrivava la bomba: i conti della Bt Italia erano falsi. Tutti da rifare. Precisamente – come ricostruisce la relazione dei sindaci presentata a gennaio – “il Collegio veniva informato dalla Società che a seguito di segnalazioni giunte per il tramite del sistema aziendale di segnalazioni anonime (denominato “whistleblowing system”), la capogruppo inglese BT Group Plc aveva appreso di presunte gravi condotte dell’allora Amministratore Delegato (Gianluca Cimini, ndr) e del Direttore Operativo della Società, apparentemente confliggenti con i regolamenti interni e con i codici di comportamento di BT Italia S.p.A., tali da suggerire una sospensione cautelativa dall’attività lavorativa dei soggetti coinvolti. Nè alla Società né al Collegio – sottolineano però i sindaci -veniva, tuttavia data autorizzazione di accedere direttamente alle informazioni contenute nel sistema aziendale di segnalazioni anonime in virtù di un opposto, ed apparentemente insuperabile, principio di confidenzialità e riservatezza previsto dalla normativa anglosassone”.



Ma cosa diceva, la soffiata arrivata ai controllori inglesi? Che c’era del marcio in Italia, per dirla shakesperianamente. Quanto marcio? Per colpa di chi? Due domande chiave, con risposte sorprendenti. Proseguiamo con ordine. Nel gennaio 2017, all’esito di verifiche e approfondimenti, la consociata italiana viene svalutata dal padrone angloamericano per 530 milioni di sterline, pari a 610 milioni di euro e la cosa – annotano i sindaci – viene comunicata ai mercati dalla capogruppo BT Group Plc “senza alcuna preventiva informazione né condivisione con il Collegio della BT Italia”. Passano le settimane e i mesi, si moltiplicano le consulenze e fioccano le denunce. 



A oggi, il bilancio 2016 risulta chiuso con 67 milioni di perdite e quello 2017 con 199, che sono una somma da capogiro, ma pur sempre meno della metà di quella annunciata ai mercati, che oltretutto determinò un ovvio capitombolo di Borsa dei titoli della casa madre… Certo: questi conti, riclassificati secondo i principi statunitensi, possono essere un po’ diversi. Ma più che per il doppio? Impossibile. Il tutto, con la gestione di quel che resta della controllata italiana, ormai totalmente teleguidata da Londra, sistematicamente bypassando gli organismi societari nazionali. 

È una cosa che non può piacere a tutti: e comprensibilmente i sindaci italiani si tolgono un sassolino dalla scarpa scrivendo testualmente che “l’assetto organizzativo della Società a seguito dei fatti straordinari accaduti non sembra ancora pienamente adeguato. Del resto, così come evidenziato in precedenza, la Società ha ritardato, in modo rilevante, il termine per l’approvazione del progetto di bilancio d’esercizio da parte dell’organo amministrativo in quanto non è riuscita a gestire in modo ottimale, nonostante la massiccia presenza di consulenti esterni, il significativo deflusso di risorse umane verificatosi a seguito dei fatti precedentemente evidenziati; il Collegio Sindacale è impegnato a monitorare con attenzione questo aspetto nell’ottica di addivenire ad una formazione organizzativa pienamente rispondente alle esigenze e alla funzionalità della Società”. Auguri…

Fine della puntata. Ma chi ha sbagliato, quanti hanno sbagliato, e per quale fine – oltre che per un interesse personale che in ogni caso, è ovvio, non può aver raggiunto né l’iperurania cifra di 610 milioni di euro, ne quella di 266? Il giallo prosegue.