“Le parole di Juncker hanno avuto un effetto negativo su Piazza Affari, comunque subito rientrato già nella seduta di venerdì. Il presidente della Commissione europea ha destabilizzato i mercati non tanto per il contenuto del suo discorso, contenente argomenti ovvi e probabilmente già scontati, ma per il timing, visto che siamo ormai nell’imminenza del voto del 4 marzo”. Ma per Alessandro Magagnoli, cofondatore di Financial Trend Analysis, “oggi paradossalmente, stando almeno all’osservazione dei grafici di Borsa, i mercati temono di più l’esito del referendum della Spd in Germania che le elezioni italiane”. E comunque, detto che “l’intonazione di fondo resta abbastanza positiva”, i fattori che potrebbero mettere a repentaglio questo trend non sono certo di natura politica. “Occhio, intanto, allo spread tra il rendimento dei BTp e dei Bund, anche se accelerazioni al rialzo non sono ancora all’orizzonte, ma bisognerà vedere, ovviamente, dopo il 4 marzo se emergeranno novità”. Massima allerta, invece, sul T-Bond Usa a 10 anni, “oggi molto vicino a rendimenti del 3%, una quota che fa da discrimine sulla convenienza tra azioni e obbligazioni: se il rendimento del decennale superasse il 3%, per le Borse, da Wall Street a Piazza Affari, si potrebbe aprire una lunga e ampia fase correttiva. Ma stando a quanto dicono i grafici, non è ancora il momento di alleggerire né di comprare sulla Borsa italiana”.



Dopo le dichiarazioni di Juncker, che hanno creato un po’ di subbuglio alla Borsa italiana, domani si apre la settimana che precede il voto del 4 marzo Dobbiamo aspettarci un po’ di sedute sull’ottovolante?

Le parole di Juncker hanno avuto un effetto negativo su Piazza Affari, comunque subito rientrato già nella seduta di venerdì. Il presidente della Commissione europea ha destabilizzato i mercati non tanto per il contenuto del suo discorso, contenente argomenti ovvi e probabilmente già scontati, ma per il timing, visto che siamo ormai nell’imminenza del voto del 4 marzo. Quindi, tutt’al più dobbiamo aspettarci ancora questi movimenti nel caso qualche esponente politico o istituzionale dovesse rilasciare dichiarazioni di quel tenore. Ma tutto questo non dovrebbe comunque preoccupare oltre lo scenario di breve termine.



Perché?
Il Ftse Mib da metà febbraio si muove all’interno di una striscia laterale, che ha come base quota 22.000 punti e un tetto a quota 23.000, il che non è certo un segnale di mercato sotto pressione. Non si vedono, quindi, indizi di tensione latente, casomai di attenta osservazione, tanto più che Piazza Affari staziona ancora sopra la media mobile a 200 giorni, un indicatore che misura la qualità a lungo termine del trend di un indice. Da questo punto di vista sta peggio il Dax tedesco.

Come mai?

Il Dax è molto al di sotto della media mobile a 200 giorni, violata al ribasso già a novembre. Anche dal punto di vista degli andamenti statistici degli indici, nell’ultimo mese Piazza Affari ha fatto segnare un -4,9%, mentre il Dax ha perso il 7,1% circa.



Insomma, i mercati temono più il referendum della Spd in Germania che il voto italiano del 4 marzo?
Guardando i grafici, sembrerebbe proprio così. Non a caso, visti gli appuntamenti politici in programma in Germania e in Italia, oggi il ruolo guida tra le Borse europee se lo è preso la Francia: sempre nelle ultime 21 sedute, cioè nel classico mese borsistico, il Cac 40 ha infatti lasciato sul terreno solo il 3,4%. Senza dimenticare che il listino francese è stabilmente sopra la sua media mobile a 200 giorni.

Ma è davvero pensabile che Piazza Affari si muova decorrelata da quanto avviene sul mercato borsistico tedesco?

No, questo non è possibile. Possiamo, però, dire che in questa fase, come forza relativa, il Ftse Mib sta meglio del Dax e ciò può provocare una correzione del nostro listino meno marcata, in caso di evoluzione ribassista generalizzata. Il Dax, ripeto, ha già violato tutti i supporti, non solo la media mobile a 200 giorni ma anche la trend line rialzista che sale dai minimi di giugno 2016, mentre il Ftse Mib vi è al momento solo pericolosamente molto vicino.

Intanto negli ultimi giorni lo spread ha rialzato la testa sopra quota 140. Un segnale che mette una certa apprensione…

L’andamento dello spread va ovviamente seguito con attenzione, ma da due mesi a questa parte non fa registrare nuovi minimi e neppure si è vista la temuta accelerazione rialzista. Se le aspettative fossero così negative, sapendo che i mercati tendono sempre ad anticipare gli eventi, mi aspetterei uno spread con almeno 20 punti in più. Non è detto che questo non possa accadere, ma tenderei a escluderlo nella settimana pre-voto. Più probabile un’accelerazione al rialzo dopo il 4 marzo, se effettivamente il quadro politico dovesse confermarsi incerto.

Escluse, allora, conseguenze molto negative legate all’incertezza politica, quali fattori possono realmente incidere sui trend di Piazza Affari?

I bond Usa vicini a rendimenti del 3% sono un fattore da osservare con molta attenzione. Il 3% è un livello discriminante per la convenienza o meno di azioni e obbligazioni. Qualora il decennale Usa superasse questa soglia, il premio al rischio da pagare per rimanere sull’azionario diventerebbe eccessivo e questo porrebbe un freno alla fase espansiva delle Borse, non solo a Wall Street – che comunque non sta soffrendo più di tanto -, con il rischio che possa avviarsi una correzione piuttosto ampia, sia come arco temporale che come livelli. Non si deve, infatti, dimenticare che le fasi correttive sono sempre proporzionali al movimento che vanno a ritracciare, e in questo caso i rialzi precedenti all’attuale fase interlocutoria sono stati molto estesi.

Restando a Piazza Affari e guardando al breve periodo, quali sono i livelli che un investitore dovrebbe tenere sott’occhio?

Il Ftse Mib è ancora sopra la media mobile a 200 giorni, collocata a 22.500 punti; solo a seguito di discese al di sotto di questo livello il mercato potrebbe essere messo sotto pressione, almeno fino a 21.600, area dei minimi a gennaio, e poi fino a 19.930 punti, base del gap rialzista del 24 aprile 2017. All’opposto, visto che sul listino lo scorso 5 febbraio si è aperto un gap in area 23.185 , cioè un salto nella serie storica dei prezzi, se nel breve periodo l’indice superasse questa quota, si potrebbero anche tornare a vedere i massimi in area 24.000, resistenza critica anche in ottica di medio lungo periodo, da superare perché si possa ripristinare l’uptrend.

E sul medio-lungo periodo?

Oggi la Borsa italiana è solo a un terzo del suo ritracciamento del ribasso dai massimi del 2007, riferimento che invece è stato toccato e superato da altri listini, come quello tedesco e quello americano, e quindi presenta ancora un notevole potenziale inespresso, che potrebbe arrivare prima fino a 28.500 punti e successivamente anche in area 30.000.

Alla luce di queste indicazioni grafiche e nell’imminenza di un voto che potrebbe aprire scenari politici poco incoraggianti, oggi per un risparmiatore conviene alleggerire il portafoglio Italia?

Il trend positivo di Piazza Affari non è stato ancora intaccato, dunque è meglio avere un atteggiamento non negativo verso la nostra Borsa. Se il Ftse Mib si manterrà sopra i 21.500 punti, l’ottica resta moderatamente positiva, ma non adotterei strategie di acquisto sulla debolezza. Meglio mantenere il portafoglio e solo in caso di superamento dei 24.000 punti si potrebbe iniziare a pensare a strategie di acquisto. Attenzione, invece, alla violazione dei 21.600 punti: in quel caso, può valer la pena adottare prudentemente strategie difensive.

(Marco Biscella)