L’Italia ha conferito la propria sovranità monetaria e di bilancio a un agente europeo che però non è stato strutturato a sufficienza per poter tornare all’Italia stessa parte dell’autonomia perduta in modi eurocompatibili. In particolare, le regole europee non prevedono programmi speciali per ciascuna nazione finalizzati a sanarne i problemi, rendendo così l’Eurozona molto rigida. Questo difetto è il maggior fattore di instabilità del sistema perché non solo rende difficile la convergenza delle nazioni agli eurostandard, ma perfino impedisce ad alcune il risanamento, in particolare all’Italia che è la più danneggiata in quanto è entrata nell’euro con enormi problemi irrisolti.



Perché? Per metà a causa di politiche e politici inadeguati che non hanno voluto ridurre la spesa parassitaria e stimolare l’economia perseguendo più crescita e ordine contabile. Ma l’altra metà per un’architettura che impedisce dal 1999 a eventuali politici volonterosi di trovare un sostegno europeo per vere riforme. Per esempio, se l’Eurozona ammettesse la garanzia della Bce su operazioni straordinarie di vendita, attraverso strumenti obbligazionari, del patrimonio pubblico per ridurre il debito, allora questo potrebbe essere ridotto di almeno 600-700 miliardi in pochi anni portandolo vicino al 100% del Pil e poi più velocemente verso la norma del 60% perché con 25-30 miliardi di spesa per interessi in meno all’anno l’Italia potrebbe detassare e far volare economia e crescita.



Possibile? Certamente. Ma bisogna chiederlo, con la dovuta pressione. Finora l’Italia ha chiesto solo flessibilità per aumentare il debito e mantenere il vecchio modello politico-economico a elevata spesa improduttiva e clientelare. L’attuale governo continua a perseguire tale linea dando a Francia, di più, e Germania, di meno, prove di lealtà politica in cambio di un trattamento di favore su debito e bilancio. Così l’Italia resta disordinata, irriformata, politicamente debole, esposta a cessioni forzate di risorse industriali alla Francia, e, soprattutto, senza la capacità di spingere di più la crescita a causa del debito.



Per tale motivo i nuovi governo e parlamento dovrebbero, invece, mettere a punto un “progetto nazionale” per ridurre il debito chiedendo un sostegno europeo per operazioni nazionali “patrimonio (pubblico) contro debito”. Chiedere flessibilità per ridurre il debito invece di aumentarlo ridarebbe credibilità all’Italia e tale azione di “sovranità eurocompatibile” mostrerebbe a quali condizioni l’Europa sarebbe utile.

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