Ntv come Omnitel? L’ancor quasi neonato duopolio dell’Alta Velocità italiana subito aperto a favore di un investitore estero come vent’anni fa la giovane duopolio della telefonia mobile? Un “deal-Paese” concluso per via breve, soldi sul tavolo, in campagna elettorale? Luca di Montezemolo e Diego Della Valle all’ultimo giro di valzer della grande finanza? Il cda di Ntv – il gestore di privato di Italo, finora unico concorrente delle Fs – ha deciso di prendersi fino all’ultimo istante (stasera) per decidere sull’offerta last minute del fondo Global Infrastructure Partners: 2,4 miliardi, debiti compresi. Sul tavolo della società oggi guidata da Montezemolo (che ne è anche socio al 12%) e dal Ceo Flavio Cattaneo (4,9%) resta per ora l’ipotesi base della quotazione in Borsa: il consiglio di ieri avrebbe dovuto dare il via libera al collocamento di almeno il 40% in Piazza Affari, già messa in cantiere da numerose investment bank.
È stato significativo, tuttavia, che già prima della riunione, sia giunto un segnale forte da Intesa Sanpaolo: primo azionista di Ntv (19,2%) nonché importante creditore. “Siamo una banca, non abbiamo la vocazione di gestire treni o aerei, se si creano le condizioni per valorizzare la nostra partecipazione siamo per la dismissione, come eravamo per la quotazione”: non è parso esitante il Ceo Carlo Messina, reduce dalla presentazione del bilancio 2017 e del piano strategico, durante un’altra giornata difficile per il mercati azionari in correzione. È evidente come un pronunciamento simile da parte di Intesa abbia sortito l’effetto di bloccare sul nascere ogni possibile contrarietà all’offerta Gip all’interno del cda Ntv.
Un rifiuto tattico a offerta ritenuta finanziariamente insoddisfacente non sarebbe peraltro sorprendente neppure oggi: ma certamente la notizia di ieri sera è stata la volontà di tenere aperto il consiglio per esaminare l’offerta Gip. Ed è comunque chiaro che gli altri azionisti – da Montezemolo a Della Valle (17,4%), agli industriali Gianni Punzo (8%), Alberto Bombassei (4,9%) e Isabella Seragnoli (5,8%) – difficilmente avranno spazi di manovra se non su un possibile ritocco di prezzo (per non parlare di Generali – 8% – e di Peninsula Capital, altro investitore internazionale di private equity con il 12%).
Non c’è dubbio che la quotazione di un pacchetto di larga minoranza avrebbe consentito di riequilibrare la situazione debitoria di Ntv (680 milioni) e iniziare lo smobilizzo delle singole quote, mantenendo il controllo del gruppo. Italo ha stabilmente superato il break even nel 2017 (51 milioni di utile netto nei primi nove mesi), ma lo start up è durato cinque anni e fra i punti di debolezza è sempre stato additato l’azionariato composito e privo di soggetti con esperienza industriale nel settore delle grandi infrastrutture di trasporto. Il contrario di Gip: un mega-investitore istituzionale (40 miliardi di asset totali) che controlla oggi gli aeroporti di Londra Gatwick ed Edimburgo, i terminal portuali di MSC, grandi reti ferroviarie in Australia.
È naturale che al tavolo NTV sia seduto in queste ore un convitato di pietra: il governo. Ma in una partita assimilabile come Alitalia – ex compagnia aerea di bandiera – il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda è stato finora fermo nel difendere il mandato ai commissari: vendere a operatori esteri. Pare dunque difficile che la questione dell’italianità possa essere sollevata per condizionare un operatore privato che ha inaugurato la liberalizzazione dell’Alta velocità ferroviaria in Italia. È probabile anzi che a Palazzo Chigi non dispiaccia un interessamento dall’estero per le grandi infrastrutture italiane: nell’agenda post-elettorale è già scolpito lo scongelamento dell’Opa delle Fs.
Agli osservatori resta un’ennesima constatazione della debolezza del capitalismo italiano: già incapace di mantenere una presenza italiana nel controllo delle reti tlc. Nel 1999 Omnitel (seconda licenza mobile inizialmente assegnata all’Olivetti di Carlo De Benedetti) fu ceduta a Vodafone, proprio quando l’Opa Telecom accelerò l’instabilità proprietaria dell’ex monopolista privatizzato inizialmente presso la famiglia Agnelli.