“Quando un Paese tassa i nostri prodotti, per dire, del 50%, e noi tassiamo lo stesso prodotto che arriva nel nostro Paese dello 0%, non è giusto o intelligente. Daremo presto vita a tasse reciproche, così faremo pagare lo stesso di quanto fanno pagare noi. 800 miliardi di deficit commerciale, non abbiamo scelta!”. Su Twitter, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è tornato a parlare di scambi commerciali, dopo l’indignazione globale per l’annuncio che Washington imporrà dei dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio.
Poco prima, con un altro tweet, Trump aveva commentato: “Quando un Paese perde molti miliardi di dollari negli scambi commerciali con praticamente tutti i Paesi con cui fa affari, le guerre commerciali sono buone e facili da vincere. Per esempio, quando siamo sotto di 100 miliardi con un certo Paese, non [dobbiamo] fare più scambi commerciali con quel Paese e ci guadagneremo molto. È facile!”. Facile? Cacchio! Ci guadagneremo! Già, ma, chi ci guadagnerà?
L’Unione europea è pronta a prendere delle contromisure, “rapide, ferme e proporzionate” e comunque nell’ambito delle regole dell’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto) per compensare il danno che potrebbero arrecare alla sua economia i dazi sull’acciaio (25%) e sull’alluminio (10%). In secondo luogo, gli europei puntano a misure di salvaguardia nei confronti di eventuali, prevedibili “dirottamenti” verso l’Ue dei flussi di esportazioni di prodotti di acciaio e alluminio precedentemente destinati al mercato Usa e bloccati dai nuovi dazi americani.
“Le misure Usa avranno un impatto negativo sulle relazioni transatlantiche e sui mercati globali. In più, faranno aumentare i costi e ridurranno le possibilità di scelta per le industrie che importano acciaio e alluminio”, ha affermato la commissaria Ue al Commercio Cecilia Malmstroem. Non paga, sbotta: “Alla radice dei problemi in questi due settori c’è la sovraccapacità causata dalla produzione delle economie non di mercato. Una questione che può essere risolta solo affrontandola alla fonte, lavorando con i paesi coinvolti”.
Ci siamo, la sovraccapacità: ci sono produttori poco produttivi che non riescono a vendere quanto prodotto, altri che fanno dumping per smaltire il sovrapprodotto; altri ancora che, con l’aggravio dei dazi, riducono quella capacità competitiva che smaltisce la sovraccapacità. Già, quella sovraccapacità che farà aumentare i costi, quindi i prezzi [1]. Mica solo dei prodotti “daziati” pure di tutte quelle merci fatte, giust’appunto, con acciaio e alluminio! Quei prezzi che ridurranno, il già smunto, potere d’acquisto. Bella no?
Beh, toccherà dirlo a quel tweettofilo di Trump perché pure altri intendano. Con un tweet: “La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera tutti.” A buon intenditor, poche parole: giust’appunto un tweet!
[1] Dare un’occhiata a cosa, il solo odere dei dazi, ha generato: tra gennaio e febbraio c’è stato un “aumento notevole dei prezzi dell’acciaio, cosa dovuta in parte a un declino della competizione straniera” in quattro dei dodici distretti della Fed. Lo si legge nel Beige Book della Federal Reserve, il rapporto sullo stato di salute dell’economia statunitense svolto nei 12 distretti della banca centrale e pubblicato ogni sei settimane.