La nuova strategia dell’Amministrazione Trump è impiegare l’arma doganale, cioè i dazi, sia per costringere gli alleati a una maggiore lealtà politica, sia per soffocare l’espansione delle potenze competitrici, in particolare la Cina. È una svolta neo-imperiale che segnala il ritorno degli Stati Uniti alla politica di potenza con raggio globale dopo un anno di tentennamenti che avevano fatto pensare a una scelta di ritiro, neo-isolazionista. Evidentemente, la burocrazia imperiale ha convinto Trump che la sicurezza dell’America può essere difesa solo in modo attivo (ri)conquistando la centralità geopolitica e geoeconomica nel pianeta. Per questo, ritenendo che con le buone non si ottenga alcunché, Trump prima mette i dazi e poi negozia le esenzioni.



Tale politica di dissuasione forte è motivata dal fatto che gli strateghi americani valutano che ci sia poco tempo per limitare l’espansione di Cina e Russia ed evitare che condizionino l’Europa, formando così un blocco eurasiatico che sostituirebbe la centralità americana. Trump usa il tema del riequilibrio e della reciprocità doganale non perché questo sia la vera priorità, pur rilevante in alcuni settori e nei confronti della Cina, ma perché lo squilibrio import-export a danno dell’America è così vistoso da giustificare sul piano comunicativo azioni forti per ridurlo. Inoltre, la minaccia doganale è efficace perché tutte le nazioni del pianeta hanno modelli economici che dipendono molto dall’export, e da quello verso l’America in particolare, che andrebbero in crisi se questo fosse limitato.



I governi europei non hanno ancora ben capito che la nuova strategia statunitense nei loro confronti ha obiettivi politici più che di reciprocità commerciale o, meglio, non hanno voluto ben capirla perché li pone di fronte a scelte difficili. Allinearsi con l’America implica ridurre le relazioni economiche con Cina, Russia, Iran, ecc., nonché accettare reciprocità commerciali settoriali, per esempio agricoltura, che porterebbero destabilizzanti dissensi interni. Per questo la posizione Ue è di negoziare con Trump, ma preparando ritorsioni.

Ciò è un errore, che comporta rischi gravi per la Germania e gravissimi per l’Italia perché Washington ha un maggiore potere contro-dissuasivo. Inoltre, l’America ha bisogno dell’Europa perché senza di essa sarebbe troppo piccola per restare potenza globale. Quindi il modo giusto per trattare con l’America è concedere molto sul piano della convergenza geopolitica e militare per mantenere i privilegi economici.



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