Il deficit pubblico francese nel 2017 è stato del 2,7%; è una notizia davvero esplosiva perché per la prima volta dal 2007 (dieci anni) lo Stato francese ha rispettato i vincoli imposti dall’Europa. La cosa più interessante non è che nello stesso arco temporale l’Italia abbia sforato solo per tre anni, quelli immediatamente successivi alla crisi finanziaria del secolo di Lehman, e nemmeno che mentre l’Italia applicava l’austerity nel 2012 la Francia era al 4,8%. La cosa davvero interessante, la curiosità che non vediamo l’ora di toglierci, è un’altra e cioè cosa accadrà in Francia adesso che il tetto europeo con il suo corollario di privatizzazioni e tagli al welfare verrà rispettato.
Nessuno si è preoccupato del debito francese su una traiettoria che sarebbe insostenibile esattamente come quello italiano semplicemente perché la Francia ha potuto ignorare le regole europee e continuare a far crescere il suo debito. La libertà francese, di non rispettare i vincoli europei, ha avuto due conseguenze: la prima, economica, è che non applicando l’austerity la Francia non ha ammazzato la propria economia e il “debito su Pil” come accaduto in Italia; se la Francia avesse fatto l’austerity, come l’Italia, oggi avrebbe molti più disoccupati e un debito su Pil più alto. Se l’Italia non avesse fatto l’austerity la differenza tra i due Paesi in termini di debito pubblico su Pil negli ultimi dieci anni, dal fallimento di Lehman, si sarebbe ridotta. Sia in Francia che in Italia il debito pubblico dal 2008 è cresciuto di 29 punti, ma in Italia è esploso proprio nel 2012 con l’austerity europea, perché il denominatore è più importante del numeratore; se l’Italia non avesse avuto l’austerity negli ultimi dieci anni avrebbe fatto meglio della Francia.
La seconda conseguenza è che non applicando l’austerity la Francia non ha assistito all’esplosione dei “populismi” a cui si è assistito in Italia, soprattutto al sud dove l’austerity non è stata controbilanciata da un settore privato florido. L’establishment francese non ha dovuto misurarsi con regioni in cui la disoccupazione sfiora il 20% e quella giovanile il 60% (come in Calabria che ha il triste primato europeo).
La questione oggi è cosa accadrà in Francia, economicamente e politicamente, se dovesse cominciare ad applicare l’austerity e le regole europee. Abbiamo avuto un assaggio delle conseguenze politiche con l’ondata di scioperi partita giovedì scorso; per il momento finita in secondo piano dopo l’attentato dell’Isis a Trèbes. Nelle prossime settimane le proteste dovrebbe esplodere mentre l’indice di popolarità di Macron è già crollato e le “riforme” non sono ancora iniziate. Ricordiamo ancora una volta che la deflazione interna ottenuta tagliando investimenti e diritti è nella natura dell’Europa, e della sua politica economica, nella misura in cui fonda la propria economia solo sulle esportazioni e nella misura in cui, non essendoci nessun meccanismo di redistribuzione interna, permette alla Germania di continuare a ottenere tutto: surplus fiscale, surplus commerciale e nessuna rivalutazione del cambio.
La cosa più “divertente” di tutte sarebbe se con l’applicazione dell’austerity la Francia avesse gli stessi problemi capitati in Italia e cioè più disoccupazione, più debito, più populismi e l’attenzione dei mercati finanziari. Divertente non perché vogliamo il male dei francesi, che invece a noi ne vogliono eccome come abbiamo imparato con la guerra in Libia, ma perché non vediamo l’ora di leggere le rassicurazioni e le spiegazioni degli “europeisti” di fronte all’ennesima evidenza; anche se sappiamo che le ideologie non hanno bisogno di evidenze.
La Francia ha stretto un patto con la Germania per “controllare” l’Europa, tenendo a bada l’Italia; un po’ di austerity vera però i francesi hanno dovuto metterla sul piatto. Le richieste di austerity tedesca necessarie per fare in modo che la Germania possa continuare ancora a esportare con un cambio svalutato senza pagare niente però hanno un costo interno (per chi le applica). Cosa succederà al sistema Paese francese adesso che bisognerà pagare il costo è una delle questioni più importanti dei prossimi mesi.