Nella mia tesi di laurea dedicata al concetto di “dispotismo legale” – inventato dal geniale autore appartenente alla Fisiocrazia, Paul-Pierre Lemercier de la Rivière, attivo non solo nella Francia pre-rivoluzionaria, ma anche nelle corti europee più importanti, ascoltato perfino dalla non facilmente trattabile Caterina II di Russia -, avevo posto un’ipotesi storico-filosofica che, con l’ Unione europea, si sta rivelando corretta. Ecco il punto in questione: il “dispotismo legale”, ossia quell’impianto formalistico-procedurale, in grado di legittimare sistematicamente il sovrano assoluto, rendendolo tanto “illuminato” all’apparenza, quanto inattaccabile, nella sostanza, non afferisce esclusivamente alla Francia dell’assolutismo statuale, pur in crisi, ma cova, come una malattia autoimmune, all’interno delle “democrazie”, senza distinzione di provenienza geografica e culturale.



Mai creduto al mito della “superiorità della razza democratica del Nord” rispetto alla “barbarie istituzionale dei popoli del Mediterraneo” e Bobbio non ha mai occupato il centro del mio pantheon filosofico-politico. Ebbene, che questa ipotesi sia non più meramente di scuola, ma costituisca, al contrario, un pezzo della realtà storica e contemporanea, a me risulta di solare evidenza: l’Ue è un dispotismo legale. Non si tratta tanto di fare demagogia a buon mercato, teorizzando fuoriuscite da sistemi monetari o dal capitalismo a trazione finanziaria, basta osservare la realtà: né ridere, né piangere, ma comprendere, secondo la lezione di Spinoza.



Vengo al fatto che corrobora ulteriormente la tesi di cui sopra: il post-Brexit secondo l’ideologia del dispotismo legale-finanziario targato Ue. La Commissione europea sta pensando – e questo è già di per sé pericoloso – di sottrarre ai bilanci nazionali, ossia dei singoli Stati membri, le entrate da signoraggio, per pareggiare il buco di bilancio lasciato all’Ue dalla Brexit. Londra sta giocando una partita laterale, molto pro-Ue, con la Russia di Putin, e questo, a mio avviso, potrebbe non essere casuale: un combinato disposto cementato dal nemico comune. Come dire: fuori dall’Ue, sì, ma sempre in Europa, e grazie mille per la vostra comprensione.



Ciò spinge a pensare che il meccanismo dispotico-legale a trazione eurocratica sia pronto a partire, svuotando così le casse delle banche centrali nazionali, per alimentare il progetto del Leviatano bancario che risponde al nome di Bce: storniamo massa monetaria dalle nostre casse, assevera quest’ultima, per foraggiare il meccanismo burocratico, ossia l’Unione europea. Un circolo che si apre e si chiude, autoalimentandosi e giocando sempre in casa, di fatto una partita di giro. Il tutto con la pendenza del Quantitative easing di Draghi in sospeso. Sarebbe interessante andare a valutare le prossime oscillazioni del cab o sterlina, che dir si voglia, nei prossimi mesi.

Che Gentiloni sia in grado di muovere obiezioni a questo meccanismo dispotico-legale non è minimamente ipotizzabile. Quindi, dalle casse delle banche nazionali usciranno le nuove criticità finanziarie per gli Stati membri. Il dibattito degli Stati definiti più “virtuosi” o “ricchi” in merito al pareggio di bilancio dopo l’uscita di Londra dall’Ue è un salotto degno, questo sì, dei pomeriggi dei nobili della Francia pre-rivoluzionaria, consistenza zero.

Hobbes prevedeva che ci fosse un contratto o patto fra chi cedeva la propria libertà al Leviatano, lo Stato assoluto, e quest’ultimo, secondo questo schema, graziosamente creava in punta di spada la “securitas”, la sicurezza. Con l’eurocrazja tutto questo può essere archiviato, basta una commissione di ragionieri a stabilire cosa fare, non c’è neanche il gusto di fare un bel contratto con lo Stato assoluto. Ecco perché è perfettamente “legale” questo dispotismo, perché ogni mossa è giocata all’interno della cornice formale-procedurale pre-stabilita, un apriori formalistico che detta la linea al di là delle intenzioni e perfino delle azioni: basta dichiarare, riunirsi e quindi incidere sulla tavola della legge il “provvedimento”.

Sì, l’antica ipotesi, gettata su carta, come spinto da un raptus nietzschiano, nel lontano autunno del 1990, aveva un fondamento, eccome. Ma ciò non fa altro che confermare un fatto di definitiva evidenza: questa è una crisi storica, l’Ue è il volano del suo diffondersi e insieme il segno più tangibile di essa, e non si tratta di un raffreddore che passerà con un’aspirina. Il XXI secolo sarà il secolo dei nuovi apparati ideologico-dispotici trasversali, a leva finanziaria, con la finanza come unico linguaggio vessatorio. Il nuovo paradigma di totalitarismo soft sta facendo le sue prove tecniche di “trasmissione” (non nel senso della datata comunicazione televisiva).

Non rimane che esclamare: à bientôt, Monsieur P.P. Lemercier de la Rivière!