Quando la Lituania entrò nella moneta unica, adottando l’euro nel gennaio del 2014, in un mio articolo osservai che non era un evento di grande auspicio: infatti quel Paese era l’ultimo dei paesi baltici ad adottare l’euro, dopo la Bielorussia (2011) e la Lettonia (2013), ma era anche tra i paesi al mondo, insieme agli altri due, col maggiore tasso di suicidi (insieme a Corea del Sud e Giappone, da sempre ai vertici). Paradossalmente, dalla Lettonia arriva uno scandalo che ha poco preso le prime pagine dei giornali, anche perché davvero imbarazzante per il mondo bancario e le istituzioni europee, in particolare la Bce. Il Governatore della banca centrale lettone, tale Ilmars Rimsevics, è stato arrestato perché accusato di aver preso una mazzetta da 100.000 euro. Insomma, un banalissimo episodio di corruzione, che però coinvolge la massima autorità monetaria di quel piccolo Paese e pure un membro del Consiglio direttivo della Bce. Quindi lo scandalo è di dimensioni europee.
Questo la dice lunga su quanto si ricoprano di ridicolo quei commentatori che affermano la necessità di regolare il mercato delle criptovalute. E chi ci mettiamo a presiedere la regolamentazione e il controllo delle criptovalute? Il governatore della banca centrale lettone, che ha appena perso il posto di lavoro? Oppure qualche sano dirigente della maggiore banca europea, la Hsbc? In questi giorni Netflix, colosso dei media nella distribuzione di film e serie televisive via internet, ha mandato in onda un documentario riguardante la brutta storia della Hsbc, svelata nel 2012. In pratica, alti dirigenti di quella banca con base a Hong Kong si resero responsabili del riciclaggio di enormi somme di denaro (in quel caso della mafia messicana), tanto che la banca pagò una multa di quasi 2 miliardi di dollari per tirarsi fuori da guai. Ma questo non doveva coprire i dirigenti, autori del fattaccio. Invece, come riportato dal documentario Netflix, nessun dirigente della Hsbc ha dovuto affrontare accuse per le sue azioni.
Il problema della regolazione di un sistema monetario, finanziario e bancario rischia di essere sottovalutato anche nel mondo delle criptovalute. Infatti, il fattore di “fiducia” di cui ogni sistema monetario ha bisogno si trasmette inevitabilmente al sistema bancario e al sistema finanziario. E tale fiducia è dovuta inevitabilmente alla presenza di regole e alla possibilità che queste vengano applicate. Ma non è sufficiente che le regole vengano applicate ai meccanismi di scambio monetario, come fanno le criptovalute. Tale regole devono riguardare anche il comportamento degli utenti delle criptovalute e la possibilità di arrivare a sanzionare in qualche modo tali utenti, affinché il comportamento “illegale” di qualcuno non diventi un comportamento di massa, portando la criptovaluta al fallimento.
Questo aspetto è spesso sottovalutato e ha già generato qualche problema: nel caso in cui un nuovo progetto abbia un difetto nel software, un hacker può sfruttare tale difetto per arricchirsi facilmente a danno degli altri: ma diviene difficilmente sanzionabile perché, a parte i problemi di rintracciabilità delle persone che hanno svolto certe operazioni, in fondo non hanno fatto altro che utilizzare una funzionalità (difettosa) presente nel sistema.
Insomma, l’eterno problema è quello della moralità, che non può essere semplicemente messo sotto controllo da nessuna regolamentazione europea o bancaria e da nessuna blockchain. Il problema, passando su un piano religioso, è quello della fragilità dell’uomo e del peccato originale; il problema è che, da quando Caino ha ammazzato Abele, Abele è morto e quindi tutti noi siamo figli di Caino.
Detto ciò occorre riconoscere che la tecnologia blockchain, che è il motore di tutte le criptovalute, è un’innovazione straordinaria e che non è in opposizione radicale con le attuali strutture finanziarie e bancarie: occorre solo trovare il modo intelligente di applicarle in tali contesti. Anzi, già hanno iniziato a farlo. Uno dei tanti esempi dalle notizie di questi giorni: Unibanco, la più grossa banca brasiliana e e sudamericana, userà la rete blockchain della criptovaluta Ripple per i pagamenti transfrontalieri del gruppo.
Una cosa è certa: questa nuova realtà, come ogni innovazione, aiuta a spazzare via le ideologie e i loro fardelli.