Le tensioni tra Russia e Stati Uniti dopo gli ultimi sviluppi della crisi siriana hanno mostrato a tutti le divisioni tra i membri dell’Unione europea. La decisione con cui Francia e Inghilterra sostengono l’intervento militare non trova particolari riscontri né in Italia, né in Germania. La diffidenza dell’Italia non è sorprendente: Inghilterra e Francia sono le stesse nazioni che hanno spinto, convincendo gli americani, per bombardare la Libia e deporre Gheddafi con il chiaro intento, almeno secondo i “wikileaks” usciti dalla diplomazia americana, di danneggiare l’Italia. Le conseguenze in Libia e in Italia sono evidenti a tutti. Gli interessi francesi e inglesi in Siria non coincidono con quelli italiani e sono anzi confliggenti. La Francia vende armi ai sauditi a colpi di miliardi di euro e appena cinque giorni fa ha firmato, come riporta Reuters, un accordo intergovernativo che include anche la vendita di armi. È solo un esempio tra i tantissimi che solleva una questione importante. La questione è cosa sarebbe successo se il progetto europeo fosse in una fase più avanzata nell’attuale configurazione politica. Se ci fosse un esercito europeo, per esempio, cosa farebbe oggi e chi deciderebbe cosa fargli fare?
È una domanda retorica perché siccome il Parlamento europeo è privo di poteri e siccome tutto viene deciso dagli stati più forti, l’Italia non avrebbe avuto voce in capitolo nella decisione. Invece converrebbe a tutti, americani inclusi, sentire l’opinione italiana. La crisi del progetto europeo non si cura con il tempo, anzi peggiora. La mancanza di qualsiasi meccanismo di redistribuzione e l’austerity imposta agli stati deboli aumenta le divisioni. È di questa settimana la notizia dell’opposizione della Germania alla garanzia comune sui depositi bancari europei. Nella stessa settimana la Germania si fa portavoce di una nuova stretta sulle sofferenze bancarie che l’Italia ritiene, a ragione, fortemente penalizzante; niente si dice del caso Deutsche Bank.
Chi controlla l’Europa, avendo vinto il processo di integrazione, oggi non ha nessuna intenzione di cambiare un assetto che permette di indirizzare le politiche europee a proprio vantaggio; l’Italia non ha nessun mezzo per cambiare lo stato attuale perché priva di strumenti di difesa, valuta, banca centrale, ecc., e perché sotto il costante ricatto del deficit e del debito. Per quale motivi tedeschi e francesi dovrebbero volontariamente rinunciare ai vantaggi attuali? Infatti, non avviene. Più unione per chi ha vinto può coincidere solo con un trasferimento di sovranità non da singoli Paesi a Europa, ma da Paesi deboli a Paesi forti. Dal lato tedesco, la garanzia comune può avvenire solo se l’Italia affida alla Germania le proprie finanze.
Più il tempo passa, più passano crisi economiche e politiche, come quella siriana, più in Europa crescono le differenze e i risentimenti sia tra stati, sia verso un’unione che non viene giustamente percepita come una casa comune. L’Italia non può fare niente per cambiare questa situazione perché non può cambiare la Germania o la Francia e non può votare per i loro parlamenti. Nella stessa settimana della crisi siriana, Romano Prodi ha proposto per rilanciare il progetto comunitario una Europa a due velocità. Il tema di una divisione dell’Europa ormai è parte di un dibattito “ufficiale” e da molti mesi non è più una questione di pericolosi populisti. Il diavolo si nasconde nei dettagli. Una Europa a due velocità può voler dire tutto e il contrario di tutto. Finire nell’Europa B, oltre a essere un marchio di infamia, potrebbe coincidere con entrare in una colonia dell’Europa A se alcune regole comuni rimangono tali. Non è affatto chiaro quali margini di manovra avrebbe chi rimane nell’Europa B.
Vista la gestione del caso greco – una nazione resa colonia e condannata a vivere di stenti per pagare un debito che non riuscirà mai a ripagare – non c’è molto per essere ottimisti. Quali regole e decise da chi dovrebbe rispettare chi rimane nell’Europa B? L’Europa è un ente che obbliga uno Stato con l’economia distrutta a onorare tutto il suo debito, applicando l’austerity, senza un minimo di sovranità e senza alcun investimento. Siccome onorare il debito è impossibile, soprattutto in quelle condizioni, quello che accade in realtà è una colonizzazione.
Se anche Prodi ci dice che per salvare il progetto europeo bisogna dividere in due l’Europa, allora vuol dire che la crisi dell’attuale modello, le se storture e il fatto che nell’attuale contesto sia impossibile risolverle è un fatto assodato anche per gli “europeisti”. Ma a questo punto ci si deve chiedere perché mantenere in piedi, con un’Europa A e una B, una struttura che perpetua le attuali storture. Forse sarebbe meglio per gli stati europei sedersi a un tavolo, parlarsi, e concordare una modalità per smontare alcuni pezzi dell’Europa da amici mantenendo in vita il sogno europeo piuttosto che farlo coincidere con quello che vediamo oggi. Dalla Grecia ai cieli della Siria.