CUMULO CONTRIBUTIVO, ESCLUSI ANCHE I SACERDOTI

Il cumulo contributivo consentirà a diversi professionisti in queste settimane di ricevere la pensione, dopo che si è risolta la querelle tra Inps e Adepp. Avvenire segnala però che “per un buon numero di cittadini (stimabili in oltre cinquemila) la conclusiva positiva della faticosa vicenda del ‘cumulo’ presenta un ulteriore ostacolo. Un impedimento per gli assicurati in una qualsiasi Gestione Inps, privata o pubblica, o Cassa professionale che intendono cumulare contributi versati nel Fondo di previdenza per il clero. Gli uffici dell’Inps di Terni, sede depositaria di tutti i versamenti effettuati nello stesso Fondo, stanno respingendo tutte le domande di cumulo che interessano contributi lì accentrati”. Questo perché, segnala il quotidiano della Cei, l’Inps centrale “non si è mai pronunciato sull’applicazione del cumulo che riguardi versamenti effettuati, oggi o in passato, da ministri di culto”. I sacerdoti, quindi, come gli esodati e le italiane che volessero accedere a Opzione donna, non possono utilizzare il cumulo contributivo gratuito.



APE VOLONTARIA, USARLA PUÒ COSTARE 49.000 EURO

Utilizzare al massimo l’Ape volontaria, quindi a 63 anni, potrebbe avere costi complessivi di quasi 49.000 euro, al netto delle detrazioni fiscali. È quanto si evince da un’elaborazione di Progetica per L’Economia, l’inserto settimanale del Corriere della Sera, realizzata prendendo l’esempio di un 63enne con 35 anni di contributi e un stipendio netto di 1.500 euro al mese. Andrea Carbone, partner di Progetica, spiega che il lavoratore preso a esempio riceverebbe un’Ape di 762 euro e per i primi vent’anni di pensione riceverebbe un assegno di 813 euro, anziché di 1.167. Si tratta dunque di cifre su cui è bene fare i conti. “I numeri dimostrano insomma che dal punto di vista economico l’Ape non conviene, ma ognuno deve trovare la propria risposta in basse alle proprie condizioni lavorative, familiari e di salute”, dice non a casa Carbone. 



PIÙ TASSE SUI GIOCHI PER AUMENTARE LE MINIME

Riccardo Nencini torna con un suo cavallo di battaglia: intervenire sulla tassazione dei giochi per aumentare le pensioni minime. Secondo quanto riporta gioconews.it, il Segretario del Psi ha lanciato una proposta complessiva sul tema: “Distanza delle slot machine da luoghi sociali di aggregazione come centri anziani e scuole, riduzione del numero di slot machine e videolottery all’interno delle attività aperte al pubblico, sgravi fiscali agli esercenti che rinunciano all’installazione delle macchine da gioco, divieto di pubblicità sui giochi in tv, soprattutto negli orari di maggiore attenzione del pubblico vulnerabile e aumento della tassazione su grandi società che gestiscono il gioco, impiegando quelle risorse per aumentare le pensioni minime”. C’è da chiedersi se la proposta verrà accolta dal nuovo Governo, visto che quello Gentiloni, come quello Renzi, di cui ha fatto parte non l’hanno fatta loro.



I RITARDI PER GLI EX DIPENDENTI DEI BENI CULTURALI

I dipendenti del ministero dei Beni culturali che sono andati in pensione quest’anno stanno facendo i conti con la burocrazia, che sta bloccando il loro effettivo ingresso in quiescenza. Lo scrive Il Sole 24 Ore, spiegando che dopo la riforma Franceschini dei Beni culturali, il ministero dell’Economia non ha recepito la nuova riorganizzazione di soprintendenze e la nascita dei poli museali regionali. Così, per coloro che sono transitati dalle vecchie alle nuove strutture, si è creato l’inghippo per cui risultano essere ancora in servizio nella vecchia struttura. Succede quindi che, per via di un nuovo sistema informatico piuttosto rigido rispetto a quello precedente, occorra più tempo per il disbrigo della pratica. Secondo quanto riporta il quotidiano di Confindustria, Mibact, Inps e ministero dell’Economia hanno deciso di tornare all vecchia piattaforma in attesa che il Mef aggiorni la mappa del personale dei Beni culturali.

ESODATI, LE RASSICURAZIONI DI DAMIANO E NANNICINI

Nei giorni scorsi Lavoro & Welfare, l’associazione di cui è Presidente Cesare Damiano, ha tenuto un convegno a Torino, cui hanno partecipato anche due donne iscritte al Comitato esodati licenziati e cessati. Come riporta Elide  Alboni in un post, le due hanno raccontato di aver incontrato sia Damiano che Tommaso Nannicini, che era tra i relatori, oltre che i sindacalisti Franco Martini, Gigi Petteni e Tiziana Bocchi, consegnando loro i documenti preparati per ricordare che ci sono ancora degli esodati privi di salvaguardia. L’ex ministro del Lavoro ha mostrato di essere al corrente del problema e ha assicurato il suo impegno affinché venga risolto, anche se non potrà più occuparsene in prima persona in Parlamento, non essendo stato rieletto. Cosa che potrà fare Nannicini, pure lui al corrente della situazione degli esodati esclusi dall’ottava salvaguardia.

LA PROPOSTA FDI SUI VITALIZI

In questi giorni tiene banco il dibattito sui vitalizi dei parlamentari, visto che Roberto Fico sembra intenzionato a fare in modo che l’Ufficio di presidenza della Camera vari una delibera per un intervento sulle pensioni già in essere. Lavocedeltrentino.it riporta le dichiarazioni di Andrea de Bertoldi, che ha ricordato come nella passata legislatura, la proposta di Fratelli d’Italia, suo partito, “contemplava il passaggio a un sistema assicurativo puramente contributivo per tutti, nuovi e vecchi parlamentari”. Una strada che FdI intende seguire anche in questa legislatura. Il Senatore ha fatto anche notare che di fatto “l’antica proposta di Fratelli di Italia sulla retroattività del calcolo contributivo per i vitalizi dei parlamentari è diventata oggi patrimonio condiviso da parte di tutte le forze politiche. Sarebbe però opportuno sapere che nella scorsa legislatura la sinistra votò contro, e i Cinque stelle si astennero”.

I PRIVILEGI DEI PARLAMENTARI OLTRE I VITALIZI

Tito Boeri torna a puntare il dito contro i privilegi dei parlamentari, che non starebbero solo nei tanto noti e discussi vitalizi, ma anche negli oneri figurativi. “Se un parlamentare era prima un lavoratore dipendente, durante il mandato l’Inps gli deve versare i contributi datoriali: si tratta di circa il 24% della loro retribuzione, che in alcuni casi l’Inps ha versato per 20 o 30 anni”, ha detto il Presidente dell’Inps durante Mezz’ora in più, la trasmissione di Rai 3. Secondo quanto riporta l’Huffington Post, Boeri ha anche spiegato di aver scritto all’Ufficio di Presidenza della Camera per sollecitare un intervento sul tema, senza però ricevere nemmeno una risposta. In televisione il Presidente dell’Inps ha poi ripetuto di aver chiesto già in passato alla Camera di poter avere alcuni dati relativi ai contributi versati dai deputati, che non gli sono mai arrivati.

“Adesso vedo che con questa nuova legislatura c’è un impegno nuovo: mi auguro sia vero. Il primo segnale serio sarebbe quello di darci le informazioni per rifare un calcolo serio”, ha poi detto Boeri, spiegando che uniformando le pensioni dei parlamentari a quelle dei normali cittadini si potrebbero ottenere risparmi per 150 milioni di euro. Se per certi versi queste parole potrebbero sembrare un plauso al Movimento 5 Stelle, il Presidente dell’Inps ha espresso un parere invece negativo sul reddito di cittadinanza, sia per i costi che comporterebbe, sia perché a suo modo di vedere rappresenterebbe un “disincentivo a lavorare”. Ovviamente ha anche ribadito di essere contrario alla cancellazione della Legge Fornero, sia per la sostenibilità dei conti pubblici, che per gli effetti che avrebbe sui giovani.