“Non possiamo far finta di essere in un tempo normale, c’è un dubbio che attraversa molti dei nostri Paesi europei sull’Europa, una sorta di guerra civile europea sta emergendo: stanno venendo a galla i nostri egoismi nazionali e il fascino illiberale”. Emmanuel Macron, davanti al Parlamento europeo, chiede un impegno per rifondare l’Europa, tenendo conto che “di fronte all’autoritarismo che ci circonda, la risposta non è la democrazia autoritaria ma l’autorità della democrazia”. «Mi sembra che di questi pasticci di Macron non ci sia bisogno, anche perché queste mosse unilaterali aggravano i problemi, anziché semplificarli. E poi sulla questione siriana i francesi non hanno forse agito per conto proprio anziché cercare una posizione europea?», è il commento di Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e delle Politiche comunitarie.



Professore, diciamo anche che la “guerra civile europea” che segnala Macron, questa ricerca del proprio interesse da parte dei paesi membri, non è certo una novità.

L’Unione europea era nata proprio per cercare di limitare questi contrasti. Credo che l’accelerazione che il progetto ha subito, al momento dell’unificazione tedesca, con Maastricht e l’Unione monetaria, ha portato alla nascita di un costrutto con un certo deficit di democrazia nelle istituzioni: il Parlamento europeo è privo dei poteri dei parlamenti nazionali; il mercato unico, a dispetto del nome, non è propriamente unificato, basti pensare che ancora siamo lontani dal completare l’Unione bancaria, nonostante la crisi attraversata, e che il mercato del lavoro è frammentato; le politiche dell’immigrazione non sono chiare; per esigenze politiche l’Ue si è estesa poi al di là della logica dell’Unione, incorporando la Grecia e molti paesi dell’Est; il movimento dei capitali delle imprese è falsato dall’esistenza di paradisi fiscali nell’Ue. 



E in effetti manca una politica fiscale europea…

Sì, e ce ne sarebbe bisogno per cercare di limitare gli squilibri tra i singoli paesi insieme alla politica monetaria, la quale è cominciata a comparire realmente solo con Mario Draghi alla guida della Bce. L’Ue, come ho detto, ha una serie di deficit, che in parte sono di democrazia, in parte dovuti al fatto che sono stati fatti dei passi in modo prematuro. Questo fa sì che le varie componenti nazionali siano discordi e che ci siano grossi problemi, tra i quali, paradossalmente un eccesso di potere della Francia, che viene giustificato da Parigi medesima e dalla Germania, allo scopo di consentire un certo predominio di questi due paesi nelle istituzioni europee.



E questo predominio non sembra essere stato stigmatizzato da Macron.

Paradossalmente Macron dovrebbe riconoscere che questa egemonia della Germania insieme alla Francia ha creato discordie in sede europea, tali da portare anche alla Brexit. Anche in politica estera non c’è unità d’intenti, la Francia va sempre per conto suo, come si è visto anche in questi giorni sulla Siria. Mi sembra che la tesi di Macron sia errata: la cosa principale da tenere presente di fronte alle ostilità e alle divisioni non è la democrazia, ma è la pace, la fraternità, che è pure una delle tre parole chiave della Rivoluzione francese.

È dunque sbagliato dire che occorre più democrazia?

Se la democrazia consiste nel dire che il Parlamento europeo si occuperà del bilancio europeo e di altre cose è un conto, se invece consiste nell’intenzione di creare nuovi comitati, nuovi fondi, come il Fondo monetario europeo, non capisco cosa c’entrano queste cose con la democrazia. 

Professore, le parole di Macron sono arrivate due giorni prima della sua visita a Berlino: rappresentano quindi anche un messaggio per Angela Merkel?

Queste parole sono un invito alla Germania ad accelerare sulle modifiche istituzionali europee. Invito che crea un impiccio ai tedeschi, che in questo periodo non sembrano molto intenzionati a fare cambiamenti, perché l’alleanza di governo è ancora in fase di rodaggio. Sono anche sospettosi di questa alleanza a due in cui i francesi prendono l’iniziativa, che invece prima era loro prerogativa. Non mi sembra che l’asse franco-tedesco funzioni come prima, pare ci sia una rivalità tra i due paesi. Io credo ci sia anche un’altra ragione per cui Macron ha fatto questo discorso.

Quale?

Ho l’impressione che sia in difficoltà in Francia e cerchi quindi di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica alla politica estera o a quella europea. I francesi non sembrano contenti delle sue riforme e della sua gestione della cosa pubblica. Mi pare quindi che Macron si sia mosso più per ragioni di politica interna che per scopi internazionali. Anche perché finora ha dimostrato di non essere molto europeista: la politica francese sull’immigrazione è “autoritaria” e nei nostri riguardi c’è la pretesa di arrivare a un’unificazione dei settori militari, in modo da mettere le mani sul nostro know-how, prima ancora che esista una vera unificazione politica europea della difesa. 

(Lorenzo Torrisi)