Di recente due studiosi giapponesi Yoshiyuki Suimon e Daichi Isami hanno analizzato le espressioni del viso di Mario Draghi nel corso degli incontri della Bce degli ultimi due anni. L’esame, basato su un software di Microsoft, permette di studiare i movimenti della faccia attraverso microvariazioni dell’ordine di nanosecondi per cogliere il vero stato d’animo del protagonista. Il risultato? Nelle occasioni in cui Draghi ha annunciato cambiamenti di rilievo, il suo volto ha tradito una certa “tristezza”, motivata dalla gravità del momento. Altrimenti il banchiere si è distinto in questi anni per l’assenza di emozioni almeno apparenti. Ma forse mai come ieri, nel caso gli studiosi abbiano proseguito il loro test, il volto di Draghi dev’essere apparso così impassibile, statuario come una mummia.



L’obiettivo del presidente della Bce era quello di dimostrare durante la conferenza stampa che nulla è cambiato in questi mesi, nonostante la guerra commerciale più volte dichiarata da Donald Trump e la frenata dell’economia rispetto alla corsa di fine anno. O la corsa dei tassi Usa (ormai oltre la barriera del 3% il rendimento dei bond decennali) o le fibrillazioni del dollaro che a loro volta stanno incidendo sui prezzi dell’energia e sull’inflazione. Tanti elementi da non trascurare, ma non sufficienti a far cambiare la politica di Francoforte, quella basata sulle tre P care al banchiere: Pazienza, Prudenza e Perseveranza in attesa che si creino le condizioni per rivedere la politica degli stimoli all’economia, ancora necessari in attesa che, prima o poi, l’inflazione corregga verso l’obiettivo del 2%.



Perciò, in attesa dei dati dell’Eurozona che saranno disponibili a giugno, la Bce non prevede cambi di rotta. Certo, “le informazioni – ha riconosciuto il banchiere – dopo diversi trimestri di crescita superiore alle stime, ora indicano una moderazione della crescita dall’inizio dell’anno”, ma questa “resta solida e generalizzata”. Perciò il tasso principale resta fermo allo 0%, quello sui prestiti marginali allo 0,25%  e quello sui depositi a -0,40%. Invariate anche le linee guida del programma di Quantitative easing. Gli acquisti di titoli proseguiranno al ritmo di 30 miliardi al mese fino a settembre “od oltre se necessario”. Anzi, l’Eurozona continua ad aver bisogno del sostegno monetario da parte della Bce, che perciò “reinvestirà il capitale dei bond che arriveranno a scadenza per un lungo periodo dopo la fine degli acquisti netti” del Quantitative easing, prevista per il prossimo settembre. Ma la Bce “intende condurre acquisti netti di titoli all’attuale ritmo mensile di 30 miliardi di euro anche oltre se necessario, e in ogni caso finché non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi coerente con il proprio obiettivo di inflazione”. 



A settembre, insomma, non cadrà alcuna tegola sui Btp, per il sollievo del Bel Paese, sperando che non venga sprecato l’ennesimo salvagente a nostro soccorso. “Confidiamo – si è limitato a dire Draghi – nella consapevolezza dei governanti su questo”. La speranza, si sa, è l’ultima a morire. La pazienza potrebbe tornare preziosa nei confronti dei propositi bellicosi di Donald Trump sul fronte del commercio. “Se ci fossero dazi americani – ha detto il banchiere – gli effetti diretti potrebbero non essere sostanziali, ma non possiamo prevedere gli effetti delle controreazioni”. Ovvero più delle mosse del presidente Usa, per ora più di propaganda che sostanziali, bisogna temere che la Cina (o la stessa Germania) perda la pazienza e reagisca con mosse eccessive.

A giudicare dalla reazione delle Borse, tutte al rialzo nel pomeriggio, non dispiace la figura di Draghi faccia di marmo, più stabile e imperturbabile di una statua. Alla faccia di chi, a Francoforte, da mesi predica la necessità di chiudere al più presto i rubinetti del denaro. Ma una stretta della Bce, nell’attuale congiuntura, non potrebbe che provocare un rialzo dell’euro, a danno dell’export tedesco (e pure di quello italiano) vanificando l’effetto del rialzo dei tassi Usa, accelerati dalla politica espansiva di Trump che, tra l’altro, stanno provocando l’aumento dei tassi di mercato tedeschi.

Le intemperanze del presidente Usa fanno involontariamente il gioco dei Btp e di riflesso, delle banche di casa nostra. Ma anche del Presidente della Banca centrale europea. Almeno per il momento.