A meno di tre giorni dall’incontro tra Macron e Trump è davvero impossibile non rilevare quanto dimesso sia stato al confronto quello tra il Presidente americano e Angela Merkel. È stato un incontro ridotto nei tempi e nelle celebrazioni che non è stato preceduto come nel caso francese dal supporto deciso ai bombardamenti in Siria con cui la Francia si è distinta rispetto al resto dell’Unione europea. Anche in questo caso i principali elementi di discussioni sono stati la politica estera, con particolare riferimento all’Iran e alla Russia, e i dazi commerciali tra Stati Uniti ed Europa. 



La distanza tra Germania e Stati Uniti è emersa in modo evidente e stride con la prossimità che si è manifestata invece tra Stati Uniti e Francia. Sembra impossibile non solo che Stati Uniti e Germania possano trovare un accordo soddisfacente per entrambi, ma ci si chiede sinceramente come possano scendere a patti Germania e Francia che coabitano nell’Unione europea.



È stato chiaro che la determinazione con cui gli Stati Uniti vogliono combattere le ambizioni regionali dell’Iran non trova corrispondenza con la posizione tedesca. Per Angela Merkel l’Iran si deve contenere, mentre per Trump è uno Stato terrorista con cui non sembra esserci spazio per trattare; nelle parole scelte dalla cancelliera tedesca non si rintraccia neanche lontanamente la stessa determinazione americana. Abbastanza chiara anche la prospettiva tedesca sulla Russia con Merkel che infilava queste parole: “Nessuno ha interesse a non avere buone relazioni con la Russia”. 



L’imbarazzo maggiore si è percepito sulla questione del deficit commerciale. La richiesta di Trump di ridurre il deficit commerciale nei confronti dell’Unione europea è chiarissima; ed è altrettanto chiaro che per venire incontro alle richieste americane la Germania dovrebbe ripensare profondamente non solo il proprio modello economico, ma tutta la costruzione europea e il ruolo che oggi occupa al suo interno. La Germania è di gran lunga l’azionista di maggioranza dello squilibrio commerciale tra Stati Uniti ed Europa fatto, tra l’altro, anche dall’industria auto. 

Angela Merkel, a differenza di Macron che ha potuto ricordare un deficit commerciale molto meno imbarazzante, non ha nemmeno abbozzato una risposta nel merito perché sostanzialmente non c’è. Se non si è sentita una risposta si è però intravista una linea di difesa. La parola Unione europea ha avuto la massima popolarità nella conferenza stampa di ieri proprio quando si è parlato di dazi e proprio grazie alla cancelliera tedesca. La Germania che non ha scuse si può “nascondere” o può farsi scudo solo all’interno dell’Unione europea mettendo sul piatto della bilancia un intero continente che per la maggior parte è in realtà molto meno colpevole. 

Se gli Stati Uniti ottengono concessioni significative su questo fronte, la Germania si sentirà accerchiata da nazioni che le presenteranno il conto. Senza le esportazioni si toglie all’Europa l’unica valvola di sfogo a un’economia che ha scelto l’austerity ed evita qualsiasi meccanismo di redistribuzione interna. Senza un piano di investimenti per cui la Germania, per forza di cose, dovrebbe spendere più degli altri e inevitabilmente anche per gli altri le differenze all’interno dell’unione sono destinate a esplodere; a meno che la Germania, in un percorso di unione economica vera, non accetti di mettere le proprie risorse a disposizione dell’unione. Un’eventualità che a oggi sembra impossibile e che probabilmente porterebbe i populisti tedeschi a una vittoria elettorale schiacciante.

Angela Merkel ha fatto in modo di ricordare quanti soldati e basi americane siano ospitati sul proprio territorio, ma nella situazione attuale sembra un po’ poco perché i confini del blocco atlantico sono più a est e perché gli squilibri dell’economia americana sono diventati insostenibili. Se gli Stati Uniti decidono di riequilibrare veramente i rapporti commerciali con l’Unione europea è l’Unione europea che rischia di andare in crisi; se invece non li riequilibrano è il sistema americano che rischia di non reggere. Quale sia il punto di equilibrio tra richieste americane, Germania e Francia oggi è un mistero.