Spotify è sbarcato in borsa a Wall Street, pronto a dire la sua anche a Piazza Affari. Appena un mese fa la nota app per ascoltare musica legalmente ha superato definitivamente uno dei problemi più grandi che viveva ormai da mesi e cioè quello dei profili craccati. Si è deciso di intervenire in maniera decisa, andando a chiudere tutti gli account illegali che riuscivano a usufruire del servizio senza pagare nulla. Sicuramente l’intervento si era reso necessario per evitare di veder fallire l’applicazione nel giro di pochissimo tempo. L’obiettivo è quello di ricreare la rete di utenti che erano abbonati prima dell’avvento di numerosi programmi illegali che riuscivano a girare l’ostacolo dei vari blocchi per chi non pagava una cifra mensile. Ora però l’attenzione si muove e ci porta ad analizzare da vicino come Spotify abbia preso il volo verso la conquista del titolo in borsa. (agg. di Matteo Fantozzi)



PER L’HI-TECH È IL CANTO DEL CIGNO?

Spotify sfida la tempesta che sta travolgendo tutto il settore hi-tech e sbarca a Wall Street. Un debutto sulla Borsa di New York che suona per certi versi epocale, e il verbo non è scelto casualmente visto che parliamo dell’azienda leader della musica in streaming. Eppure il rischio di andare incontro ad un insuccesso è concreto, non fosse altro perché l’intero reparto hi-tech sta mostrando dei segnali di crisi che solo fino a qualche settimana fa sembravano impensabili. Dallo scandalo Cambridge Analytica che ha affossato Facebook all’incidente mortale che ha tarpato le ali di Tesla, passando per le critiche di Donald Trump nei confronti del colosso Amazon: è certo che Spotify navigherà fin da subito in acque molto agitate. Inoltre c’è da considerare la politica di Spotify per il lancio in Borsa: non la classica Ipo (initial public offering) ma la “quotazione diretta”, un metodo “democratico” senza intermediari per determinare il prezzo iniziale delle azioni. L’evento sarà trasmesso online e il prezzo di esordio sarà stabilito dal mercato in base alla domanda e all’offerta. Abbiamo però una base, quella avanzata dalla Sec, che ammonta ad un miliardo di dollari. Siamo dinanzi ad una scelta rischiosa ma il convincimento è che il brand e il successo di Spotify faranno la differenza.



I NUMERI DI SPOTIFY

Del resto quando si parla di Spotify c’è poco da storcere il naso: sono i numeri a certificare il successo dell’azienda lanciata a Stoccolma nel 2008. Una piattaforma che ha di fatto rivoluzionato le abitudini sulla musica e che può contare su una diffusione ormai planetaria: si parla di 159 milioni di utenti dislocati in 60 Paesi del mondo. Di questi sono 71 i milioni di utenti che mensilmente pagano un abbonamento per accedere a tutti i contenuti dell’app. Diverso il discorso relativo al bilancio finanziario dell’azienda, che ha chiuso in rosso gli ultimi resoconti. Nel 2015, nonostante praticamente Spotify abbia il monopolio della musica in streaming, le perdite nette ammontavano a 230 milioni di euro; peggio è andata nel 2016, con un rosso di 1,23 miliardi di euro. Nel 2017 invece Spotify ha chiuso il bilancio con un rosso di 324 milioni di euro. Lo sbarco in Borsa sarà in grado di dare nuovo ossigeno alle casse? Intanto è certo che la casa guidata da Daniel Ek verrà quotata sul mercato, il New York Stock Exchange (Nyse), con il logo Spot (Spotify Technology).

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