La notizia — giunta all’ora di cena giovedì sera — è stata notata a malapena dagli addetti ai lavori. Nella lista dei candidati per il rinnovo del cda di Gedi — oggi holding di Repubblica, Stampa, Secolo XIX, quotidiani Finegil ed Espresso — la capogruppo Cir (47% circa) ha confermato il presidente Marco De Benedetti, il fratello Rodolfo (Ceo della stessa Cir), Jaki Agnelli Elkann (7%) e l’amministratore delegato Monica Mondardini. Ma fra i candidati consiglieri è comparsa — come indipendente — anche Laura Cioli: ultimo Ceo di Rcs fino all’avvento di Urbano Cairo, nell’estate 2016.
Ingegnera bocconiana, Cioli era giunta all’editoriale del Corriere della Sera da Sky Italia, di cui è stata a lungo direttore generale. In via Solferino non aveva rinunciato a un seggio di consigliere indipendente di Tim, fino alla scalata di Vivendi. Al curriculum della manager non fanno difetto due precedenti esperienze di alto livello in Vodafone e in Eni.
Giornali, tv, grandi reti Ict, a cavallo fra pubblico e privato, fra grande finanza e labirinti politico—regolatori: lo scacchiere di cui Cioli è esperta conoscitrice è quello sul quale proprio in questi giorni si stanno giocando partite singolarmente rilevanti, mentre la crisi politica appare bloccata. L’accordo fra Sky e Mediaset su Premium — annunciato il venerdì sera di Pasqua — ha consentito alle tv Fininvest di svincolarsi dalla morsa della scalata Vivendi. Soltanto poche ore dopo la Cassa depositi e prestiti ha deciso di muovere su Tim: per mantenere un presidio nazionale sulla rete, insidiata dal controllo della stessa Vivendi di Vincent Bolloré. È un “grande gioco” che include ovviamente il futuro della Rai e che sembra invece escludere al momento proprio Gedi. Rcs — controllata da Cairo Communication, editore di La7 — è invece decisamente in campo e non solo perché sul tavolo c’è anche l’ambita posta dei diritti del calcio.
Come abbiamo già segnalato sul Sussidiario, il polo Gedi — sulla carta divenuto leader nell’editoria giornalistica nazionale — sembra soffrire la crisi parallela del Pd, di cui proprio Carlo De Benedetti si era dichiarato “tessera numero uno”. Ma da allora — soprattutto negli ultimi mesi — molto è cambiato nel gruppo, dopo la traumatica separazione finale decisa dall’Ingegnere. E De Benedetti non ha risparmiato critiche aperte né alla direzione, né al management su un versante molteplice (linea politica, competitività editoriale, caduta del titolo in Borsa).
Già da settimane, quindi si rincorrono le voci su possibili riassetti a vari livelli (proprietario, con un possibile riequilibrio a vantaggio della famiglia Agnelli; manageriale con un avvicendamento della Mondardini o direzionale). Il nome di Cioli — una sorta di carta coperta messa sul tavolo, non è ancora del tutto chiaro da chi e con quali finalità — conferma che in Gedi la situazione non è ingessata: anche se è presto per capire se e quando vi potranno essere sviluppi effettivi. Va certamente tenuta d’occhio la parabola “gemella” del Pd, ma anche le mosse della stessa Mondardini: profilo manageriale “a 5 stelle”, già a suo tempo al centro di voci per un incarico come Ceo di Generali. O, più recentemente, per la possibile successione a Sergio Marchionne al vertice Fca.