“Governare l’Italia non è impossibile, è inutile”. Una celebre frase, attribuita a Mussolini che può servire per parlare di Mps. Ma qui al posto del governare, l’inutilità è proprio nel parlarne. Storia ormai lunghissima, con dentro di tutto. Quello che più o meno ha capito l’uomo della strada è che la banca (quarto gruppo nazionale, fra le più antiche del mondo) è stata devastata dal peggiore intreccio fra politica, affari, campanilismi, interessi territoriali, protagonismi individuali. Che accanto a questo – o per causa di questo, ma anche l’uomo della strada sa che non coincidono per forza una gestione di potere con una gestione cialtrona e sbandata – la banca ha generato “26 miliardi di perdite in dieci anni” per cattivo credito, come ha ricordato Carmelo Barbagallo, capo del braccio ispettivo della Banca d’Italia, alla Commissione d’inchiesta. Perciò con tali premesse, con una crisi reputazionale mortale, con un’evidente carenza e zavorra industriale (se anche si fanno le somme dei milioni e milioni e milioni elargiti con facilità ad amici e amichetti, molti dei quali sono i più importanti nomi nazionali della società e dell’impresa italiana, comunque non si arriva manco a un quarto di 26 miliardi!), l’uomo della strada può solo chiedersi: ma chi ce l’ha fatto fare? Ma perché?



Chi invece della strada non è, come Enrico Zanetti, ex viceministro dell’Economia, a tempo debito ha osservato anche il metodo, il come stesse avvenendo questo tentativo di salvataggio disperato. Zanetti lo scorso novembre ha ingaggiato una durissima polemica contro il Ministro Padoan per la conferma di Marco Morelli ad Amministratore delegato. L’ex viceministro ha ricordato che Morelli era stato Vice Direttore Generale della Banca, con delega al bilancio, nei già delicatissimi anni 2006/2010. Poi uscitone per incarichi con JP Morgan, rientrato in Mps, nel 2013 subì una multa da Banca d’Italia (insieme ad altri 16 dirigenti, una poderosa sanzione di 3,5 milioni, che vuol dire cose serissime per l’Organo di Vigilanza) per “gravi irregolarità” in un’operazione legata a un aumento di capitale di… JP Morgan. Padoan – il Ministro tecnico e non politico si diceva quando è stato nominato, romano, oggi deputato eletto a Siena – è andato dritto per la sua strada, e ha pure aumentato il Cda da 13 a 15 membri. 



Ma che c’entra il Ministro col Monte dei Paschi, chiede l’uomo della strada? C’entra perché lo Stato oggi controlla circa il 70% della Banca, ha in vario modo speso circa 5,4 miliardi comprando le azioni della banca a 6,49 euro. La banca è tornata in borsa a 4,55 euro da circa 5 mesi e sta perdendo circa il 40% del suo valore (dentro il quale come detto, ci sono tanti miliardi pubblici). Girano già voci che non è escluso che tocchi ricapitalizzarla presto. Poi obiettivamente oggi è un lavoro impervio fare utili con una banca, con tassi bassissimi, con inevitabili nuovi schemi negli impieghi, se non godi di una grande fiducia nell’allocazione e gestione del risparmio e un’altrettanta dotazione messa a punto nel tempo. Perciò magari Morelli e il Cda è brava gente con voglia di provarci, ma una completa discontinuità andava offerta non alla Bce e all’Europa che la chiedevano, ma alla realtà. Sempre che il salvataggio a tutti i costi fosse la scelta più ragionevole. 



Perché considerando come tutto oggi si intrecci e si tenga, reputazione e immagine internazionale, credibilità e attratività degli investimenti, tenuta del debito sovrano, sistema paese, sistema bancario, si poteva anche pensare di impiegare molte molte meno risorse per riallocare le circa 20.000 persone e chiudere la storica banca nata nel 1472. Altrimenti Padoan – e sarà così – avrà dato ragione a Mussolini.