Alla vigilia dell’assemblea di Tim, con le discussioni sull’opportunità dell’acquisto del 5% della società da parte dello Stato italiano attraverso la Cdp, sembra che si possa dire tutto e il contrario di tutto. Per esempio ieri, da Cernobbio, è intervenuto Luigi Zingales secondo cui “l’ingresso della Cdp è un passo sbagliato”. Noi, personalmente, non abbiamo certezze così granitiche a questo riguardo, però non possiamo nemmeno fare finta di non sapere cosa succeda negli altri stati europei e negli Stati Uniti. Per esempio, i principali azionisti di Orange, già nota come France Telecom, sono lo Stato francese con il 13,4% e l’equivalente transalpino della Cdp con il 9,5%, poi, giusto per essere sicuri, c’è Credit Agricole con il 6,23%. Il totale fa, guarda caso, un po’ meno del 30%. Quali siano le sinergie tra una banca e un operatore telecom è un mistero misterioso a meno che l’investimento non appartenga alla categoria degli “investimenti di sistema”. L’ad ovviamente è francese.
Passiamo alla Germania. I primi due azionisti di Deutsche Telekom sono la banca di sviluppo tedesca, posseduta al 100% dallo Stato tedesco, con una quota del 17,41% e poi la Repubblica federale tedesca con una quota del 14,48% per un totale di quasi il 32%. Come quarto azionista, giusto per stare sul sicuro, compare Deutsche Bank, che non ha venduto la partecipazione nemmeno per fare l’aumento di capitale. L’ad anche in questo caso è tedesco. Passiamo all’americana AT&T tra i primi dieci azionisti, tutti investitori istituzionali, non c’è un singolo nome non americano. Secondo Bloomberg, l’86,5% degli azionisti sono americani. L’ad, i casi della vita, è americano. Nel caso di British Telecom, “solo” il 49,5% degli azionisti ha passaporto inglese e l’ad anche in questo caso è inglese.
Rimaniamo però da questa parte dell’Oceano, nell’Unione europea. L’Italia è un’anomalia assoluta perché ha reso l’ex monopolista pubblico contendibile, perché lo Stato italiano non ha neanche un’azione in nessuna forma e infine perché l’ad non è italiano. Dire che siccome questa è la situazione ed è la scelta che è stata fatta allora non si può intervenire è ovviamente un’assurdità. La governance di Vivendi è stata aspramente criticata sia sul Financial Times che sul Wall Street Journal. L’Italia ha un legittimo interesse ad assicurarsi che su un asset così strategico gli interessi del sistema siano salvaguardati e nessuno può appellarsi all’Europa a meno di ammettere che in Europa tutti gli investitori sono uguali, ma qualcuno, per esempio il governo francese e quello tedesco, è più uguale degli altri.
Chi investe in una società di telecom sa fin dall’inizio di investire in un settore pesantemente regolato e vigilato. Nessuno si può lamentare, tanto più che chi non è d’accordo può uscire portandosi a caso la plusvalenza. Alla prova della borsa, l’intervento della Cdp ha fatto salire le azioni. Chi le ha comprate un mese fa o tre mesi fa oggi ci guadagna e il titolo è vicino ai massimi degli ultimi due anni. Investitori di mercato con un orizzonte più lungo di questo, soprattutto in un Paese come l’Italia che ha avuto certe vicissitudini, se ci sono vengono da Marte.
Ma le anomalie non finiscono qua. In quale Paese del globo terracqueo la prima assicurazione del Paese e la prima banca (Generali e Unicredit), con amministratori delegati francesi (se già questo non fosse incredibile), finiscono sui giornali (la ricostruzione di Repubblica per dirne una) per aver favorito Vivendi “contro” il Governo italiano? Noi non sappiamo se l’intervento della Cdp in Telecom sia opportuno o meno, sappiamo però che l’attuale situazione non è opportuna e che bisognerebbe allinearsi ai migliori standard europei e internazionali a partire da quei Paesi da cui dovremmo prendere esempio come Francia e Germania. Non è opportuno che un asset come la rete sia “contendibile” e completamento esposta al “mercato” che spesso si presenta con la sua faccia peggiore ed è opportuno che invece lo Stato faccia capolino. Anche Lehman Brothers era “mercato”.
Ancora peggio se a presentarsi è un altro Paese, che ha fatto di tutto perché i bombardamenti in Libia finissero sugli impianti Eni, e che invece fa sistema benissimo. Nessuno può credere che in Francia o in Germania o in Inghilterra o negli Usa si sarebbe potuto assistere a un decimo di quello che è successo da noi. Non è mai troppo tardi per seguire gli esempi migliori.