I responsabili tecnici dei diversi settori del Movimento 5 stelle e della Lega sono al lavoro sui contenuti del contratto di Governo. In campo economico, durante la campagna elettorale, Matteo Salvini ha parlato molto di flat tax, Luigi Di Maio di reddito di cittadinanza. Entrambi, poi, hanno fatto capire di voler mettere mano alla Legge Fornero introducendo Quota 100 e Quota 41. Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, tuttavia, nessuno di questi tre (costosi) interventi sembra poter raddrizzare le sorti di un Paese in cui Pil e lavoro continuano a non mostrare segni di dinamica ripresa.
Professore, partiamo dal flat tax. Cosa ne pensa?
Una soglia minima di esenzione certamente introdurrebbe un elemento minimo di progressività. Non bisogna però dimenticare che parliamo solo di imposte dirette e che la tassa più regressiva è l’Iva, che è indiretta. Questa gran battaglia sulle tasse, che vengono identificate esclusivamente con le imposte dirette, è dunque mal posta in partenza. Bisognerebbe badare al fatto che il carico fiscale non pesi sui redditi bassi. E sui redditi bassi le garantisco, dato che l’analisi l’ho fatta, che incidono molto di più le imposte indirette. C’è poi un altro aspetto critico della flat tax.
Quale?
Sarebbe importante intervenire sull’evasione fiscale e si pensa che la flat tax possa essere la soluzione perché, con un’aliquota unica bassa, non ci sarebbe motivo di non pagare le tasse. In realtà non è così, perché l’evasione esiste non solo in ragione delle aliquote alte, ma anche per movimenti dall’estero e interni di capitale, per ragioni di criminalità, ecc. Per la flat tax vedo quindi problemi di implementazione, di applicazione e di equità.
E cosa pensa invece del reddito di cittadinanza?
Rischia di essere solamente un sussidio di disoccupazione condizionato e prolungato nel tempo. Non solo perché potrebbero mancare le proposte di lavoro, ma anche perché potrebbero arrivarne per un salario non molto “incentivante”: se arrivasse una proposta di lavoro da 800 euro al mese, chi l’accetterebbe di fronte a un reddito di cittadinanza da 780 euro? Dunque la proposta M5s avrebbe quanto meno bisogno di un’altra gamba: il salario minimo (possibilmente su base mensile). In Europa ce l’hanno praticamente tutti, perché non possiamo averlo noi?
Lega e Movimento 5 Stelle sembrano essere d’accordo sulla necessità di una riforma delle pensioni con l’introduzione di Quota 41 e Quota 100. Sarebbe una buona idea?
Quando vado al supermercato vedo spesso anziani il cui carrello rivela i problemi economici che hanno. Anche se probabilmente hanno poi una casa di proprietà, per cui sono potenzialmente dei “ricchi”. Io temo che gradualmente il beneficio che finora c’è stato per la quota crescente di popolazione anziana diminuirà. Una volta si diceva che la pensione doveva consentire di continuare a mantenere un tenore di vita almeno come quello che si aveva durante l’attività lavorativa, adesso si rischia di poter fare molto di meno. Ci sono storie lavorative sempre più parcellizzate o in nero e quindi gradualmente arriveranno alla pensione persone che hanno un percorso contributivo che è un colabrodo. A quel punto, anche se andranno in pensione prima, quale sarà l’importo dell’assegno che avranno?
Professore, sembra che nessuno dei tre interventi sul tappeto sia efficace: cosa dovrebbe fare quindi il nuovo Governo?
La leva che dovrebbe essere messa in movimento per generare una vera uscita dalla stagnazione, creando occupazione e reddito, è quella degli investimenti. Il problema principale del Paese è l’assenza di investimenti. Bisogna creare lavoro e il lavoro si crea con gli investimenti, non con i regali alle imprese. Gli investimenti sono pubblici o privati. In questo momento quelli privati languono e quelli pubblici continuano a crollare, mentre andrebbero aumentati. Capisco che possa suonare come il solito slogan keynesiano, ma gli investimenti pubblici, se fatti bene, generano lavoro sano. A quel punto sì che il reddito di cittadinanza può stare in piedi. Del resto in Italia c’è stato un crollo dei giovani: in 15 anni sono diminuiti di 4 milioni. Dopo anni di assenza di politiche per loro, è ora di creare lavoro per dare prospettive ai giovani.
(Lorenzo Torrisi)