I mercati finanziari hanno da tempo rinunciato a capire la logica della politica italiana. Si limitano perciò a badare al sodo che, nel linguaggio delle sale operative, vuol dire il rispetto dei requisiti necessari per continuare a far parte dell’area euro a partire dal risanamento dei conti pubblici. Colpisce, per questo motivo, la calma quasi inquietante che accompagna sui listini l’avanzata del governo giallo-verde Di Maio-Salvini. Quest’ultimo, per anni, ha raccolto sotto le bandiere della Lega gli euroscettici più feroci mentre, per quanto riguarda i pentastellati, il programma elettorale non va certo nella direzione di un calo della spesa pubblica. Per queste ragioni molti si aspettavano il bis della violenta ostilità che, nel 2011 portò alle dimissioni del governo Berlusconi, punto dall’impennata dello spread provocata dalle violente vendite di titoli pubblici italiani. Una sorta di colpo di Stato, hanno denunciato per anni i supporter del Cavaliere. 



Al contrario, all’orizzonte non spunta niente del genere. La Borsa italiana, indifferente al duello politico, è saldamente in testa nella classifica dei listini europei. Anche i titoli di Stato sono assai meno mossi di quanto era lecito attendersi. La conferma è arrivata venerdì dall’asta dei titoli a medio lungo termine. Il Tesoro ha collocato tutti i 6,75 miliardi di euro di Btp a 3, 7 e 15 anni offerti in asta. Il rendimento medio del titolo triennale ha segnato un lieve rialzo allo 0,07% dallo 0,05% del collocamento di aprile e quello del sette anni è salito all’1,34% dall’1,27%. Il tasso del 15 anni è invece calato al 2,38% dal 2,45% precedente. Variazioni infinitesimali che trovano conferma anche sul mercato secondario. Lo spread sui titoli a dieci anni è sceso da 140 a 135 punti, il Tesoro può procedere la settimana prossima al varo del Btp Italia riservato alle famiglie con la speranza di mettere a segno un nuovo successo, nonostante il nuovo titolo avrà una durata di otto anni. 



Certo, in questi ultimi giorni si sono registrati alcuni brividi attorno a Piazza Affari. Senza fretta, diversi gestori hanno ridotto la loro presenza sul listino italiano. L’attuale performance dei titoli di Stato non riflette la situazione generale dei mercati. Gli Usa, per fare un esempio, hanno raccolto 17 miliardi di dollari sulle obbligazioni che scadranno nel 2048, a dimostrazione della fiducia che riscuote la finanza pubblica nonostante l’esplosione del debito. Più da vicino, impressiona il buon voto in pagella dei nostri cugini di Spagna e Portogallo, pur partiti dal fondo della classifica e che oggi raccolgono denaro sui mercati a condizioni migliori delle nostre, pur avendo alle spalle economie più deboli. Ma la Spagna, che cresce a un tasso del 5,1% a leggere gli utili dati della produzione industriale, ha ormai avviato un ciclo positivo che trova riscontro della valutazione delle agenzie di rating. “L’Italia – spiega John Taylor di Ubs – non ha fatto molto a livello di riforme nel periodo post-crisi, lasciando il Paese in un territorio ancora pericolosamente vicino ai margini dell’investment grade”. Più che la paura dei populisti, insomma, ha potuto la sfiducia nei governi del passato, incapaci di sfruttare appieno le buone opportunità.



Questo serve in parte a spiegare la calma con cui gli operatori attendono l’arrivo dei “barbari” che, da buoni italiani, vanno seguiti con simpatia e una punta di scetticismo. Gli ambasciatori del prossimo esecutivo si sono già mossi per l’operazione fiducia. Reuters riporta, dopo un colloquio con “fonti autorevoli”, che i due partiti intendono stare dentro il quadro delle regole comunitarie. Una fonte vicina a M5s fa sapere che si parte dal rapporto deficit/Pil dell’1,5% quest’anno, eventuali scostamenti saranno discussi con i partner europei. “In questo momento non si parla di forzature. Sarà governo razionale e ragionevole, vogliamo procedere con garbo”, ha detto la fonte. 

I mercati ne prendono atto. Per ora, perché a difesa della finanza italiana opera la Bce (che in questi anni ha acquistato il 15% dei titoli di Stato nostrani), così come Piazza Affari ha potuto contare sugli acquisti delle famiglie sui Pir, rimediando così alle vendite (non copiose) dell’estero. Ancora una volta stiamo guadagnando tempo, insomma. Per giunta favoriti dalla straordinaria debolezza dei partner europei che, snobbati da Trump sull’Iran, non hanno né tempo, né voglia di allargare le crepe all’interno dell’edificio europei. Ma non è il caso di illudersi. Il confronto è appena cominciato. E per noi sarà sempre più in salita.