Al momento in viene scritta questa nota non è dato a sapere se quando lunedì mattina verrà letta su questa testata il “contratto di governo” tra Lega e M5S sarà stato firmato e le due parti avranno anche identificato un candidato alla Presidenza del Consiglio da proporre al Capo dello Stato. Credo, però, che, superati gli ultimi ostacoli, il Governo Lega-M5S (le sigle sono presentate in rigoroso ordine alfabetico) si farà. E ciò per due motivi. Il più profondo, già sottolineato su questa testata il 12 marzo, è che la sostanza dei punti del programma economico e sociale presentava forti convergenze già nelle proposte di Lega e di M5S presentate al corpo elettorale. C’erano indubbiamente differenze, ma tali da poter essere appianate da un buon lavoro di squadra e dalla determinazione di dar vita a un Governo. A questo punto sostanziale, si è aggiunta una “sorpresa” proprio mentre le due delegazioni avevano appena iniziato a redigere il testo del “contratto di governo”: la riabilitazione di Silvio Berlusconi e, quindi, la probabilità che rientri in campo appena possibile.



Data la capacità di leadership (nonostante l’età anagrafica) del fondatore di Forza Italia, elezioni ravvicinate (nell’eventualità che non si giungesse alla formazione di un Governo duraturo) potrebbero dare i brividi tanto alla Lega quanto al M5S poiché – lo dicono le indagini demoscopiche – devono parte delle loro fortune elettorali a transfughi da Forza Italia. In tal senso, l’ottuagenario Silvio Berlusconi è diventato il miglior amico del “contratto di programma”.



La bozza che circola include 19 punti, illustrati su 26 pagine: gli aspetti di maggior rilievo sono quelli che riguardano la finanza pubblica con il reddito di cittadinanza e la flat tax. Il primo prevederebbe 780 euro al mese per due anni a chi ha perso il lavoro. Viene confermata l’intesa di vincolare il sussidio a un periodo limitato di tempo e a una riforma dei Centri per l’impiego. La flat tax avrebbe due aliquote, una al 15% e una al 20% per le famiglie il cui reddito supera gli 80.000 euro l’anno. Soltanto due sarebbero gli scaglioni per l’ottenimento di una deduzione fissa di 3.000 euro. Il primo scaglione è formato da tutti i redditi familiari fino a 35.000 euro entro il quale a ogni componente spetta la deduzione, il secondo invece da 35.000 a 50.000 e prevede la deduzione fissa solo per i familiari a carico.



Reddito di cittadinanza e flat tax sono le voci più costose in termini di aumento della spesa pubblica e di perdita di gettito tributario. Altri costi deriverebbero dalla revisione della Legge Fornero e da programmi di edilizia carceraria e di rimpatrio di immigranti clandestini. Le prime stime parlano di un costo complessivo di 75 miliardi di cui 30 verrebbe recuperati dalla spending review effettuata da Carlo Cottarelli. Nel medio periodo, si potrebbero eliminare spese inefficienti mutuando il provvedimento varato negli Stati Uniti dalla prima Amministrazione Reagan (e da allora rimasto invariato) per un’attenta valutazione dei costi e dei benefici all’erario e alla collettività di ogni singolo provvedimento, nonché richiedendo che tutte le leggi siano “a termine” e, dopo un certo numero di anni, debbano essere riportate in Parlamento (se non altro per aggiornarle) o decadano.

Aleggia ovviamente la richiesta di una rinegoziazione dei parametri di Maastricht che lo stesso Romano Prodi ha chiamato “stupidi” e che si basavano sull’assunto di una crescita dell’eurozona del 3% l’anno e di un tasso d’inflazione anch’esso del 3% l’anno. Ove venga formulata la richiesta di tale rinegoziazione, è difficile che venga accolta con favore da numerosi partner europei; ciò rende necessaria la scelta di un ministro dell’Economia e delle Finanze e di un ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale particolarmente autorevoli e abili. Ampio spazio al tema della giustizia. Due i punti fondamentali: certezza della pena, tema caro a entrambe le parti, e l’aumento delle strutture carcerarie, come chiesto dalla Lega.