Dopo la giornata di ieri, quella in cui moriremo tutti perché gli investitori esteri sono preoccupati, lo spread sale e persino il mercato globale del petrolio si decide in Italia, è utile fare alcune puntualizzazioni.
1) Le disfunzioni dell’Unione Europea restano indipendentemente da quello che accadrà in Italia. Gli scenari per l’Unione Europea sono sempre i soliti tre e non li decide l’Italia: a) l’Unione Europea diventa un’unione vera dopo che Francia e Germania rinunciano al loro stato attuale; b) non cambia niente e le spinte centrifughe aumentano a ogni fase di rallentamento globale al punto che: l’esercito europeo viene mandato nella periferia a contenere le rivolte oppure la periferia spolpata viene espulsa; c) si trova un accordo per smontare l’euro limitando il più possibile i danni fatti e quelli che possono emergere.
2) Il debito italiano non scenderà mai senza crescita esattamente come non scenderà mai il debito americano o francese o inglese o giapponese. Pensare di curare il debito con delle politiche recessive infatti è una follia che esiste solo in Europa e solo come mezzo per combattere la guerra civile europea. In un’ottica di recessione il debito americano è già adesso insostenibile così come quello francese. Nessun debito è abbastanza piccolo per non fare paura se c’è la recessione.
3) L’attuale struttura europea con vincoli di deficit fissati prima della più grande recessione degli ultimi 70 anni, il 2008, impedisce qualsiasi politica anticiclica per i Paesi indebitati o per i Paesi crisi. In pratica chi sta male non ha nessun mezzo per tirarsi fuori nemmeno con la migliore buona volontà. La ricetta della Ue per l’Italia nel 2011 è stata, nella sostanza, una politica economica recessiva. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
4) L’Italia deve chiedere una rinegoziazione formale o di fatto dei trattati come condizione necessaria, ma non sufficiente, per far ripartire la crescita. Con questa opzione bisogna fare le cose giuste.
5) Questa richiesta sacrosanta deve avvenire nella consapevolezza degli attuali rapporti di forza, dell’attuale condizione economica italiana e richiede degli alleati dentro o fuori l’Ue; richiede inoltre che le richieste di maggiori deficit siano presentate come responsabili ed effettivamente funzionali a un rilancio degli investimenti. Il rischio vero non è che l’Italia faccia più deficit; il rischio vero è che un Paese che è senza strumenti di sovranità economica e finanziaria sostanziale si lanci allo sbaraglio contro le istituzioni che controllano gli strumenti, comuni, di sovranità sostanziale in modo scriteriato. Si genererebbe la stessa dinamica occorsa in Grecia nel 2015 dove un partito similissimo al Movimento 5 Stelle con richieste equiparabilissime è stato usato per rifilare alla Grecia un surplus di politiche europee. Neanche noi possiamo pensare che le richieste di reddito di cittadinanza di un partito che è perfino contro le metropolitane e che ha come unica ricetta la lotta alla corruzione possano suscitare l’innamoramento dei “mercati”. Richieste giuste, quelle di rinegoziazione dei trattati, rischiano di essere completamente depotenziate dalla “inaffidabilità” di chi se ne fa portavoce e dalla mancanza di credibilità del piano presentato, inclusa l’assenza di alleati che si devono trovare prima e non dopo per fare la battaglia in Europa; si genererebbe un circolo vizioso, un cortocircuito, sui mercati e in Europa che si tradurrebbe, alla fine, in un’ulteriore stretta europea esattamente come successo in Grecia. Con la vittoria di tutti tranne che degli italiani: l’Europa franco-tedesca, i mercati che speculano, chi ritiene che un’Italia forte possa essere un pericolo geopolitico.
La fase è delicata e bisogna stare molto attenti. Anche alle fake news sul prezzo della benzina.