Il contratto di Governo tra Lega e M5s è quasi ultimato: nelle 39 pagine diffuse mercoledì sera ci sono ancora dei punti, opportunamente evidenziati in rosso, che “necessitano di un vaglio politico primario”. La bozza circolata il giorno precedente aveva “allarmato” i mercati, visto che si parlava di una possibile uscita dall’euro. Com’è da considerare quest’ultima versione rispetto ai rapporti tra Italia e Ue? L’abbiamo chiesto a Massimo D’Antoni, Professore di Scienza delle finanze all’Università di Siena.



Professore, rispetto a quelle che erano le posizioni dei due partiti sull’Europa, come le sembra che sia questo contratto di Governo?

Mi sembra abbastanza in linea con le attese. Ritrovo degli elementi che fanno pensare a un cambiamento di atteggiamento verso l’Europa rispetto ai governi passati. Per esempio, c’è l’affermazione della necessità di rivedere alcuni aspetti dell’assetto dell’Unione e anche di dare una priorità alla linea di politica nazionale rispetto ai vincoli di bilancio.



Un intero paragrafo del contratto è proprio dedicato a debito pubblico e deficit. Come le sembra questa parte del documento?

Si afferma, e questo lo trovo condivisibile, che la riduzione del debito pubblico non si può raggiungere tramite politiche di austerità e che l’unica strada percorribile per questo traguardo non può che essere quella di un rilancio della crescita attraverso domanda interna e investimenti. Una strada quindi molto diversa da quella seguita finora. Dunque la riduzione del debito non deve necessariamente avvenire attraverso aumenti dell’avanzo primario, ma occorre puntare soprattutto sul rilancio dell’economia. Si dice quindi che il finanziamento delle proposte di governo può avvenire con un appropriato ricorso al deficit.



In questo paragrafo c’è anche la richiesta di far sì che i titoli di Stato acquistati dalla Bce nell’ambito del Quantitative easing siano esclusi dal calcolo del rapporto debito/Pil. Cosa ne pensa?

Aiuterebbe la convergenza del parametro debito/Pil verso il 60%: nel momento in cui i titoli acquistati con il Qe fossero scorporati, ci ritroveremmo con un 10% di debito/Pil in meno. Saremmo più vicini all’obiettivo e questo di per sé allenterebbe il vincolo della convergenza. Implicitamente vuol dire anche che i parametri di finanza pubblica non vengono buttati via completamente.

Si dice anche che viene ritenuto “necessario scorporare la spesa per investimenti pubblici dal deficit corrente in bilancio, come annunciato più volte dalla Commissione europea e mai effettivamente e completamente applicato”… 

È anche questo un modo anche per allentare il vincolo di equilibrio di bilancio in Costituzione, che nel contratto si dice di voler superare. Credo che riformularlo aggiungendo lo scomputo della spesa per investimenti, di fatto inserendo la cosiddetta golden rule, sia una proposta che troverebbe un ampio consenso in Parlamento, rispetto all’abolizione tout court dell’articolo 81 della Costituzione. Sarebbe infatti difficile per il Pd andare contro l’adozione della golden rule, che esso ha sempre sostenuto in sede europea. 

A proposito di Europa, un paragrafo del contratto è dedicato proprio all’Ue. All’interno c’è scritto che si ritiene necessario rivedere l’impianto della governance europea, compresa la “politica monetaria unica”, anche se queste tre parole sono evidenziate in rosso e quindi non sono da considerarsi definitive. Cosa ne pensa?

Il paragrafo presenta degli aspetti interessanti. Si parla di ridiscussione dei trattati, ma non di un’uscita dall’Ue, né esplicitamente dall’unione monetaria, anche se quel tratto rosso sulla politica monetaria unica mi fa pensare a un’allusione alla possibilità anche di rivedere la costruzione dell’euro. È molto interessante notare la frase che precede la richiesta di rivedere, insieme ai partner europei, l’impianto della governance europea.

La frase dice: “Con lo spirito di ritornare all’impostazione pre Maastricht in cui gli Stati europei erano mossi da un genuino intento di pace, fratellanza, cooperazione e solidarietà si ritiene necessario rivedere…”. 

Di fatto non prende una posizione anti-europeista, ma implicitamente dice che l’Europa ha in qualche modo “deragliato” rispetto a quello che era il sentiero di cooperazione tra i Paesi proprio con il Trattato di Maastricht, quindi con l’adozione dei vincoli di bilancio e della moneta unica. C’è poi un altro passaggio che mi ha colpito, è quello finale del paragrafo.

Quello dove si dice che “l’Italia rappresenta geograficamente un confine esterno dell’Unione europea che va adeguatamente protetto anche per garantire e tutelare il supremo principio della libera circolazione delle persone e delle merci”?

Sì, perché il mercato unico parla di libera circolazione non solo di persone e merci, ma anche di capitali e servizi. Non credo che sia una distrazione, e ci leggo la volontà di limitare la competizione nei servizi, il che sarebbe coerente con la volontà di rivedere la direttiva Bolkenstein; inoltre, non si ritiene la libera circolazione dei capitali come un supremo principio. E anche questo è interessante, perché il principio della libera circolazione dei capitali in Europa è strettamente collegato all’adozione della moneta unica.

Professore, ma com’è possibile trovare concordia tra i paesi membri su come ridisegnare la governance europea quando anche Germania e Francia hanno posizioni diverse fra loro?

La direzione su cui si vuole trovare concordia non è quella di una maggiore integrazione come vorrebbe la Francia, ma è quella di uno spostamento di competenze, che erano state assegnate all’Ue, ai singoli Stati. Quindi una sorta di arretramento dall’integrazione. Resta da capire come una cosa del genere possa funzionare quando si è vincolati dalla moneta unica. Questo snodo non viene sviluppato nel testo del contratto di Governo. In ogni caso la richiesta di abbandonare progetti troppo ambiziosi di integrazione con la restituzione di competenze agli Stati potrebbe trovare l’accordo di altri paesi europei, forse persino la Germania.

Nel complesso questo paragrafo, a parte quelle tre parole evidenziate in rosso, è quindi un po’ ambiguo sull’euro…

Guardi, si potrebbe dire che si sta mettendo in discussione la mobilità dei capitali e anche l’assetto monetario per tornare a un’Europa pre-Maastricht, quindi pre-moneta unica. Potrebbe essere questo l’obiettivo condiviso dai due partiti che magari non è stato scritto in maniera troppo esplicita, perché si è visto che in questo momento può determinare anche instabilità sui mercati. 

Considerando il paragrafo sull’Ue e quello su debito e deficit, ritiene che questo contratto sarebbe “digeribile” da Bruxelles?

La vera questione è come verranno conciliati gli obiettivi dichiarati: prendiamo per buone le proposte principali, quelle “di bandiera”, come il reddito di cittadinanza e la flat tax, e anche quello che c’è scritto nel contratto sulla sanità, sull’istruzione, sugli investimenti: non si parla di riduzione consistente della spesa, anzi si parla di aumentare la spesa. Per esempio, quella sanitaria, laddove si dice che “la sanità dovrà essere finanziata prevalentemente dal sistema fiscale e, dunque, dovrà essere ridotta al minimo la compartecipazione dei singoli cittadini”. Nel complesso, facendo qualche somma, sembra che si voglia fare un deficit del 4-5% del Pil. Certo, bisognerà vedere come sarà concretamente la Legge di bilancio, ma le premesse per una manovra molto poco in linea con i parametri europei ci sono tutte. Può essere però che questi indicati siano obiettivi di lungo termine e che quindi la Legge di bilancio si limiti a evitare l’aumento dell’Iva e a tagliare qualche imposta. Il contratto è sufficientemente vago da lasciare spazio a molte possibilità. Da questo punto di vista somiglia più a un programma elettorale, a una dichiarazione di intenti comuni che a contratto in cui si stabilisce in modo puntuale cosa fare e quando.

(Lorenzo Torrisi)