Gli attori di mercato, italiani ed esteri, si stanno chiedendo se alcune misure desviluppiste e/o destabilizzanti abbozzate nel contratto tra Lega e MS5 siano solo retorica oppure impegni reali. In particolare, sono oggetto d’attenzione il blocco delle grandi opere infrastrutturali – cioè di investimenti per oltre 133 miliardi nei prossimi 10-12 anni già messi nel bilancio proiettivo statale – invocato dal M5S, l’idea proposta dalla Lega di emettere debito in forma di piccole banconote come moneta secondaria e una formulazione assistenzialistica e dissipativa del contrasto alla povertà.



La prima misura ucciderebbe i potenziali di sviluppo del Sud e del Nord. Il sottosviluppo del Sud dipende anche dalla troppa distanza dal centro del mercato europeo e conseguenti costi logistici che non incentivano la collocazione di imprese. Se lo si vuole sviluppare bisogna ridurre tali costi con (mega)infrastrutture. Ma anche lo sviluppo del Nord richiede la possibilità di trasportare su rotaia ad alta velocità merci lungo gli assi europei sud-nord e, euroasiatici, ovest-est. Ridurre la connettività della valle padana dai corridoi europei causerebbe una crisi competitiva delle sue imprese. Germania (Baviera) e Austria, inoltre, hanno spesso tentato di sabotare il passaggio in Italia del collegamento Lisbona-Budapest-Kiev per favorire le loro aziende. Il blocco delle grandi opere sarebbe un suicidio geoeconomico.



La moneta secondaria verrebbe percepita come prova che l’Italia non vuole ridurre il debito con la conseguenza di compromettere la fiducia verso il sistema finanziario e bancario italiani. L’ambiguità sull’assistenzialismo, combinata con il sospetto che si vogliano definanziare gli investimenti infrastrutturali per erogare salari di cittadinanza perpetui, fa percepire al mercato uno scenario sudamericano che frena gli investimenti, come, per esempio, è successo la settimana scorsa in cui la Borsa ha perso più di 22 miliardi. Da un lato, il contratto M5S-Lega è stato depurato da parecchi irrealismi e contiene progetti stimolativi, per esempio detassazione e deburocratizzazione, mostrando una tendenza di allineamento dei partiti al realismo. Dall’altro, tale tendenza è ancora insufficiente per convincere il mercato a mantenere la fiducia sull’Italia e a sostenerne la ripresa con investimenti.



Se il contratto, nella sua gestione operativa, non verrà depurato del tutto da elementi desviluppisti e irrealistici che creano incertezza politica l’Italia cadrà in recessione. Lo si annoti.

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