Con il programma ormai definito e con la nascita del Governo Conte ormai alle porte, si è persa traccia di una delle proposte più interessanti per fronteggiare la crisi economica: i cosiddetti mini-Bot. Inoltre, potevano essere anche uno strumento per ammorbidire un’eventuale uscita dall’euro, uno dei punti sui quali la Lega e il M5S potevano trovare i maggiori punti di accordo. Nei piani di chi li ha pensati e sostenuti, l’economista Claudio Borghi Aquilini, i mini-Bot, ovvero Buoni ordinari del Tesoro di piccolo taglio, potrebbero essere utilizzati per pagare alle imprese debiti della Pubblica amministrazione, ammontanti ancora oggi a 60 miliardi di euro.



Il problema sorge perché il debito delle pubbliche amministrazioni (Stato centrale, Regioni, Provincie e Comuni) viene onorato anche con oltre un anno di ritardo. Il denaro di cui le imprese restano prive per così lunghi mesi provoca crisi di liquidità a catena, anche ai danni dei dipendenti, in molti casi senza stipendio. Le fatture dei servizi svolti non vengono pagate perché, in mancanza di liquidità e a causa dei vincoli europei, tali soggetti non possono indebitarsi. Con i mini-Bot lo Stato emetterebbe liquidità immediatamente, convertibile in Euro alla scadenza, rendendola spendibile da chi li ha ricevuti. Gli accettatori saranno garantiti dal loro valore alla scadenza e dal fatto di poterli rispendere a loro volta.



Se il sistema dovesse avere una grande diffusione, allora i mini-Bot potrebbero davvero diventare una vera e propria moneta, parallela all’euro. Di fatto, questo sarebbe un modo per lo Stato per riacquistare la sovranità monetaria. Questa misura non infrangerebbe nemmeno una qualunque norma dell’Unione europea. Sarebbe certamente un nuovo debito dello Stato, ma sarebbe un debito tutto interno, del quale lo Stato stesso sarebbe in grado fissare il tasso di interesse e non di subirlo dai mercati finanziari, come per i Bot.

L’uso dei mini-Bot sarebbe anche un passo verso l’uscita dall’euro, poiché potrebbero diventare di fatto una moneta parallela, anche se senza corso forzoso. Ma a quel punto, in caso di uscita dall’euro, ci vorrebbe ben poco (una leggina) a istituire il corso forzoso (e magari a dare un nome meno “tecnico” a questa nuova moneta). Nonostante i proclami di Draghi sulla irreversibilità dell’euro, la questione non è più una lontana ipotesi. Clemens Fuest, presidente dell’Ifo, il maggiore istituto di studi economici della Germania, un paio di mesi fa aveva proposto di istituire una procedura chiara a livello comunitario per uscire dall’euro, in modo da evitare le lungaggini e le complicazioni che ora si stanno verificando con la Brexit.



Anche se la Brexit è un’uscita dall’Unione europea e non dall’euro, Fuest ha indicato proprio nell’articolo 50 del trattato di Lisbona il meccanismo (farraginoso) per uscire dall’euro (e dall’Unione europea). E quell’articolo è proprio lo stesso usato dalla Gran Bretagna per la Brexit. E Fuest stesso recentemente in un’intervista è andato oltre, dichiarando: “L’euro era disfunzionale quando è stato concepito. Non poteva funzionare con la struttura istituzionale originaria. Per far sì che funzioni dobbiamo convivere con il fatto che i governi dei singoli Stati membri potrebbero essere insolventi”.

Chiaro il messaggio. L’euro fin dall’inizio non poteva funzionare. Ma può funzionare, se gli stati rischiano di essere insolventi, cioè rischiano di dover accedere al Mes (il Fondo salva-Stati), cioè di continuare a far ingrassare gli stati che presteranno fondi al Mes, con gli interessi pagati da chi ricorre a quel fondo. Si tratta di fatto dello stesso meccanismo attuato con la Grecia: il salvataggio diventa una ghiotta occasione di soldi facili, perché garantiti dalla Bce (che in fondo ne stampa quanti ne vuole) e pagati dallo Stato in difficoltà.

Ma Fuest si spinge oltre: “Però se non facciamo qualcosa di nuovo, l’euro fallirà. Ci servono le riforme adesso e per i prossimi vent’anni conviveremo con un’Eurozona decentralizzata. Se l’Eurozona dovrà diventare uno Stato federale perché l’euro sopravviva, non sopravviverà”. Quindi anche i tedeschi hanno messo nel conto il fallimento dell’euro. Però possibilmente prima vorrebbero spremere l’Italia fino in fondo e poi addossandole le colpe di un fallimento di un sistema monetario che non poteva funzionare.

In questo scenario si comprende l’importanza di uno strumento come i mini-Bot: sarebbero una boccata d’ossigeno per un’economia in carenza di liquidità e allontanerebbero lo spettro di una crisi che in Italia può colpire più duramente. Potrebbero costringere la Germania a uscire dall’euro perché non riesce a spremere più nulla. Anche se a quel punto la colpa e la responsabilità sarebbero tutte loro.

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