Tramontato il governo politico arriva l’esecutivo tecnico di minoranza a guida Cottarelli. Cosiddetti “mercati” e spread sembrano condizionare le decisioni istituzionali. In più le prossime elezioni, non si sa se nell’autunno 2018 o nel 2019, aggiungono ulteriore incertezza. Ma qual è il nesso causa-effetto tra quanto accade sulle piazze finanziarie e le decisioni e ancor più le pressioni politiche che vengono effettuate sull’Italia? Ne abbiamo parlato con Chris Foster, esperto di mercati finanziari. “Senza il Qe della Bce —spiega Foster — qualsiasi governo avrà grossi problemi. Così ci si renderà conto che lo spread non è per una sua grossa fetta legato né a Salvini né a Berlusconi o a Monti, ma principalmente al commitment della Bce”.
Lei ha lavorato per molti anni come trader sui mercati finanziari. Che posizione avrebbe sull’Italia?
Starei a guardare ancora un po’ prima di comprare titoli di stato. Però diciamo anche che questo piccolo tracollo a cui abbiamo assistito non è per nulla scioccante. Veniamo da alcuni anni di quantitative easing (cioè la Bce compra titoli di stato europei per tenere i tassi bassi, proteggere la “periferia euro” e iniettare liquidità nel sistema, ndr) e siamo forse a pochi mesi dalla fine di tale intervento che ha aiutato artificialmente l’Italia e altri paesi deboli dell’eurozona. In un mondo non drogato dalle banche centrali, lo spread tra Italia e Germania sarebbe più alto comunque, come anche i tassi di interesse, anche con un governo tecnico filo-europeo. Oggi l’Italia ha un credit rating medio di BBB (in deterioramento) a confronto di un AAA della Germania: 200 punti base di spread possono semplicemente rappresentare una condizione “naturale” a cui avrebbe teso il mercato nei prossimi 12 mesi con il calo degli acquisti di bond da parte della Bce.
Oggi, lei ha detto. E domani?
Vedremo. Temo anche 300 punti base di spread in caso di elezioni incerte, a questo punto. Tra l’altro faccio notare che guardando i movimenti sui bond italiani e tedeschi, abbiamo assistito di recente al cosiddetto effetto “fly to quality” in cui le vendite su Btp sono state accompagnate da acquisti su Bund tedesco. Quindi i tassi tedeschi scendono mentre quelli italiani salgono. Questo amplifica l’esplosione dello spread. A noi interessa il nuovo costo medio del debito da rifinanziare a tassi maggiori, non solo lo spread con la Germania.
Secondo lei qual è il vero costo di questi giorni di crisi sui mercati italiani?
Ho letto tante cifre catastrofiche sui giornali italiani. Il messaggio implicito è chiaro e minatorio: “i cittadini pagheranno a caro prezzo un governo non cooperativo con l’Europa”. A mio parere è presto per fare stime. Il conto da pagare è ancora minimo sul fronte della spesa per rifinanziare il debito (non sappiamo se per esempio il Btp decennale rimarrà vicino a 2,5%), ma shock di mercato come quello che abbiamo appena visto incidono sulla fiducia generale di investitori e imprenditori più ancora che sul costo del debito. Questo si traduce in danni alla crescita domestica.
Cosa può fare la Bce per aiutare l’Italia?
Può dichiarare di estendere il Qe o intervenire “una tantum” se il loop negativo costituito da Btp giù, spread con Bund alle stelle e banche quotate in picchiata, dovesse ripetersi come nel 2011. Potrebbe usare il cosiddetto programma Omt (Outright monetary transactions) se il peggioramento della crisi italiana dovesse minacciare il corretto funzionamento della trasmissione della politica monetaria. Ma mi auguro di no per le conseguenze politiche sulla sovranità del paese.
A proposito: rischiamo un altro 2011?
Non credo, perché nel frattempo si è visto che la Bce ha un impatto marginale notevole sulla definizione di “rischio Italia”. Con o senza Draghi la Bce può calmare i mercati.
Troppo semplicistico dire che se lo spread sale in tempi di Qe vuol dire che la Bce decide di non comprare i nostri titoli?
Sì. Magari qualcuno alla Bce ha pensato di lasciare i Btp in balia dei mercati per un paio di giorni per mandare un messaggio a Roma, ma non ho nessuna evidenza di ciò. Lascerei stare questa ipotesi.
Ieri mattina i mercati italiani hanno aperto bene alla notizia della nuovo ipotesi di governo, poi si è tutto ribaltato. Cosa spaventa i mercati? Il voto anticipato nel caso che Cottarelli non abbia la fiducia?
Se non c’è un forte supporto trasversale a un governo tecnico, i mercati diventeranno progressivamente insensibili a proclami pro-euro. La mia opinione rimane forte su un punto: senza il Qe della Bce, qualsiasi governo avrà grossi problemi. Così ci si renderà conto che lo spread non è per una sua grossa fetta legato né a Salvini né a Berlusconi o a Monti, ma principalmente al “commitment” della Bce. Poi è evidente che a Berlino, Francoforte e Parigi c’è più apertura a supportare un paese governato da “amici”. Questo aspetto è tanto scandaloso quanto naturale ed abituale nelle dinamiche europee.
Sfiducia nella politica italiana?
L’attuale sistema politico italiano non offre soluzioni “standard” per fare riforme profonde. Ha problemi anche Macron, che pure controlla quasi da solo il parlamento. In fondo si spera sempre nella Bce per ridurre i costi dei fallimenti politici che si susseguono da anni.
Ha senso discutere di uscita dall’euro?
Assolutamente no. Queste decisioni radicali si prendono, non si discutono né si votano. Come è per l’appunto successo con l’ingresso nell’euro. Con una leadership diversa si sarebbe potuto affrontare con forza il tema della distribuzione dei benefici della moneta unica a quasi 20 anni dalla sua creazione. E quindi dire ai tedeschi: forse l’Italia vi ha sussidiato, e non viceversa. Ma il tema dell’uscita dall’euro non è un dibattito produttivo, ora, soprattutto se lasciato a Salvini e Di Maio che non hanno alcuna idea sull’argomento. È più utile riformare il paese per renderlo adatto all’euro, per il momento. Poi, in una diversa posizione di forza, si possono negoziare nuove regole del gioco.
I tedeschi hanno delle ragioni serie nell’accusare l’Italia di incapacità, incoerenza delle politiche e opportunismo?
Purtroppo sì, ma il prezzo lo stanno pagando gli italiani e non certo i tedeschi.
Qual è in estrema sintesi la visione degli investitori esteri sullo stallo italiano?
In generale, lo stato dell’economia globale è buono. Le borse sono supportate da risultati societari eccezionali e da tassi di interesse reali (cioè al netto dell’inflazione) ancora bassi o negativi. In questo contesto l’Italia da sola non dovrebbe fare grossi danni ai mercati. Anzi, la Bce potrebbe rallentare la sua uscita dal Qe, indebolire l’euro e tenere tassi reali negativi in Europa più a lungo. Quindi mantenere i mercati europei “drogati” anche nel 2019. Gli investitori di lungo periodo hanno già fatto grandi investimenti sul mercato italiano dopo la crisi 2011-12 e hanno comprato bene. Le aziende di qualità rimangono un target dichiarato di fondi e società stranieri. I titoli di stato a questi livelli sono invece destinati a soffrire ancora prima di diventare interessanti relativamente al rischio connesso. In generale, siete più seriamente preoccupati voi italiani, sia perché sapete che il 70% del debito è in casa vostra, sia perché seguite le snervanti vicende politiche giorno per giorno.
Buy, Hold or Sell Italy?
La situazione non può migliorare molto. Gli investitori esteri non comprano volentieri il vostro debito e ora anche le banche tornano sotto pressione in borsa. Da osservatore straniero, percepisco un moderato pessimismo soprattutto in combinazione con la fine del Qe e del mandato a Draghi nel 2019. Ci sono buoni titoli in borsa ma il debito pubblico è purtroppo poco interessante in considerazione dell’incertezza che ci aspetta.
(Federico Ferraù, Lorenzo Torrisi)