84 giorni a somma zero. Mi spiace, ma non sono affatto d’accordo con il titolo scelto dal Corriere della Sera per uno dei suoi articoli di commento all’ennesimo atto della crisi politica, lo strappo consumatosi domenica al Colle. Quella che io stesso ho definito, fin dall’inizio, una pantomima, è servita eccome. Non ditemi che non ve ne siete accorti, girando sui social o prendendo il caffè al bar ieri mattina? Guelfi e ghibellini, un Paese spaccato a metà, livoroso come non mai. E, stando almeno ai proclami, pronto alla rivoluzione come nemmeno i barbudos di Castro e Guevara a Cuba. Non è un gran risultato, in vista di quanto ci attende in autunno, aver avvelenato ulteriormente il clima sociale? È fondamentale e non serve aver letto Niklas Luhmann per capirlo: ci attende un autunno che non sarà caldo ma bollente, ci attende il redde rationem a livello europeo con il fallimento del Qe della Bce e a livello interno con le cambiali staccate negli anni dei governi del Pd, clausole di salvaguardia incluse. Ma, è bene dirlo chiaro, buone ultime a livello di priorità, se si vuole essere seri e non ragionare come cani di Pavlov, da una parte e dall’altra della barricata, basandosi unicamente sugli umori dello spread. Il quale, giova ricordarlo, si muove solo perché lo vuole Mario Draghi, altrimenti resta placido come un lago alpino, qualsiasi cosa accada a Roma. 



È triste doversi ripetere, ma necessario: ho pubblicato questo grafico su queste pagine almeno altre tre volte in precedenza ma giova ribadire il concetto. 

E quest’altro grafico serve a rafforzarlo. 

Il nostro debito, quello che dobbiamo rifinanziare ogni anno per circa 400 miliardi e che fa appunto muovere lo spread in base alla percezione di rischio e al conseguente premio richiesto dagli investitori, lo sta comprando – e non da ieri – soltanto la Bce. Oltre, ovviamente, al parco buoi ingolosito da promotori finanziari e valenti direttori di filiale bancaria. Punto. Quindi, se davvero Mario Draghi decide di smettere con gli acquisti, come formalmente ha confermato, cosa accadrà dall’autunno in poi? Qui in ballo non c’è il piano B di Paolo Savona di cui non interessa niente a nessuno in Europa, essendo credibile e applicabile quanto il brevetto degli asini volanti, bensì il quadro d’insieme più ampio e pericoloso di un’economia troppo grande per essere salvata anche con mezzi straordinari – ce lo ha detto, senza giri di parole e non più tardi di sabato scorso, il Commissario Ue al bilancio -, tanto più in un contesto di debolezza generale a cui siamo totalmente impreparati. 



Che io non sia un europeista non è una scoperta, ma trovo questo assalto al Colle quantomeno da persone che non sanno riconoscere la differenza fra dito e Luna. O, se preferite, fra curatore fallimentare e banca che ti fa fallire. Non è stato certo Sergio Mattarella a mentire spudoratamente per mesi alle opinioni pubbliche di tutta Europa, millantando una ripresa sostenuta e sostenibile dell’eurozona: è stato Mario Draghi. E i mercati, ovviamente, hanno fatto finta di crederci, continuando a macinare rialzi, dovuti anche alla rotazione secolare da debito a equities, visto che sempre Draghi ha fatto schiantare la curva di tutti i rendimenti obbligazionari a zero, se non in negativo. Non sono un costituzionalista, quindi non mi azzardo a sparare giudizi trancianti sull’operato del Colle: ha esondato le sue prerogative e i suoi poteri? 



Non lo so, lo ammetto. E pare non siano troppo convinti al riguardo nemmeno gli esperti, perché prendendo in esame otto giornali, trovate otto interpretazioni diverse di eminenti accademici al riguardo. Cosa pensavate, davvero che bastasse l’arrivo di Carlo Cottarelli e lo scampato pericolo – per la Germania e le élites, almeno stando alla vulgata più in voga – per far brillare Borse e spread? Troppo facile. Serve paura vera per ottenere un risultato che appare ciclopico, ovvero garantire all’esecutivo guidato dall’ex Commissario alla spending review di operare. 

Perché, a detta dello stesso Cottarelli, senza fiducia si va alle urne dopo agosto. Ovvero, a ridosso della scadenza delle clausole di salvaguardia da disinnescare per evitare l’aumento dell’Iva e in pieno bailamme per il Def: suicidarsi direttamente appare un’opzione più raccomandabile. E lo capiranno anche Lega e M5S, statene certi, perché alla fine si devono fare i conti con la rabbia della gente. E la gente fa i conti con lo stipendio e gli aumenti del carovita. È un concetto molto volgare per chi in questi giorni sta riempiendosi la bocca con la parola coerenza, dopo aver votato per anni qualsiasi cosa il socio di maggioranza della coalizione gli sottoponesse in Aula, ma trattasi della realtà. Una realtà che ha fretta, una fretta tremenda. 

A giugno, infatti, un Eurogruppo di importanza fondamentale attende i paesi membri: si parlerà di nuova governance, unione bancaria, Brexit, immigrazione, budget fino al 2022. Insomma, di tutto. In particolar modo, del futuro. E noi, da chi saremo rappresentati? E, soprattutto, quale agenda e quali priorità porteremo sul tavolo? Una domanda che magari vi lascia fra l’interdetto e il disinteressato, ma che invece sarà fondamentale per le decisioni che saranno chiamati a prendere, entro pochi giorni, i partiti politici: perché se bocciano l’ipotesi Cottarelli, si torna da capo come a Monopoli. E chi mandiamo a Bruxelles, il governo Gentiloni, fatto ritornare a Palazzo Chigi in fretta e furia, con tanto di foto di commiato con gli scatoloni in mano, stile dipendenti licenziati di Lehman Brothers? 

E non ho citato questo nome a caso. Perché il 15 settembre saranno 10 anni dal fallimento che ha cambiato la storia politica ed economica del mondo, lo spartiacque più drammatico dal Secondo Dopoguerra: e, purtroppo, tocca ammettere che non siamo messi come all’epoca, siamo messi peggio. Perché oltre ad avere un mondo più indebitato, un semi-bipolare alla Casa Bianca e un’Europa ancor più in ordine sparso e indebolita, ci sono tante, troppe variabilo che possono far andare fuori giri il motore già grippato della ripresa. Siamo davvero al granello di sabbia di brechtiana memoria, ormai. Abbiamo vissuto per anni con il petrolio a 30 dollari al barile e i tassi a zero, adesso invece il greggio viaggia sugli 80 dollari e la Fed sta alzando, con ovvie e già palesi conseguenze sui mercati emergenti (occhio, la Turchia a giorni fa il botto). La Bce, poi, ha comprato con il badile sia debito sovrano, calmierando artificialmente gli spread anche se i governi non operavano riforme strutturali sui conti che debito corporate, garantendo alle aziende credito a zero e senza fine e alle banche respiro sugli attivi: e adesso, cosa accadrà? 

Certo, il fatto che il settore bancario sia overweight rispetto al Ftse Mib facilita i crolli, oltretutto con i nodi gordiani di Npl e detenzioni di debito ancora da sciogliere, ma sono in tanti ad attendere con ansia di poter fare shopping di filiali, clientele, sportelli e bancomat nel comunque lucrosissimo mercato italiano. Dopo case di proprietà e risparmio privato sono ancora in cima alla classifica europea di ricchezza personale, tanto per capirci. E ho detto la metà di quanto potrei dire, elencato solo una parte molto piccola delle criticità all’orizzonte e sottotraccia, non ultime le tensioni geopolitiche, dalla Corea del Nord alla Siria alla Libia, la quale ci sta già rimettendo sotto pressione con gli sbarchi di massa, alla faccia di Minniti e della sua azione da Superman con quattro beduini di sindaci, spacciatici dal Pd manco fossero i cugini di Kissinger. 

Tornando alle cose di casa, poi, sia Lega che M5S hanno aperto all’ipotesi di coalizione in caso di ritorno alle urne: vi pare poco? Vi pare un gioco a somma zero, come pontificava ieri il Corriere della Sera? Il cambio totale di assetto del centrodestra, l’apertura di uno spazio enorme per i moderati, con i cosiddetti sovranisti uniti nel loro “polo del cambiamento”, di fatto quello che verrà dipinto da tutta la stampa come il ghetto degli irresponsabili? Il tutto, tramutando di default chiunque abbia critiche serie da fare all’Ue così com’è in un loro seguace, altrettanto irresponsabile. Complimenti alla sagacia politica di Lega e M5S, migliori alleati le élites di Bruxelles, Berlino e Parigi non potevano trovarli. Capite perché deve far paura il clima da stadio che si sta instaurando, perché la divisione fra Guelfi e Ghibellini è più pericolosa dello spread e del Ftse Mib che arranca? 

Siamo a una svolta epocale, stiamo trattandola come una rissa da bar. Poveri noi, cosa ci attende all’orizzonte.