Quello che sta accadendo sui mercati in questi giorni è un copione a cui abbiamo assistito in più di un’occasione. I “mercati” sono la Bce tenuta in panchina dai tedeschi e dall’Europa per obbligare l’Italia a un altro giro di austerity. Abbiamo già visto quello che sta succedendo con il “salvataggio” della Grecia e in Italia nel 2011; un Paese che rifiuta l’austerity europea o prova a discuterla si ritrova improvvisamente lasciato solo dalla sua banca centrale di fronte alla peggiore speculazione. L’Italia non è punita per il suo debito, altrimenti il Giappone sarebbe morto da anni, ma perché sta disobbedendo all’Europa e questo varrebbe anche per uno 0,2% in meno di deficit se richiesto con la sufficiente forza.



L’Europa, con le sue istituzioni, non si fa vedere fino a che un Paese non decide di applicare tutte le condizioni sul deficit, magari stremato dallo “spread” e dalla cronaca finanziaria, e dopo che lo ha fatto, con il Pil distrutto e il debito sul Pil in salita, rimane sempre e solo la via delle esportazioni e la necessaria deflazione interna. La crescita della disoccupazione, la crisi della periferia, nella misura in cui toglie pressione agli aumenti salariali è un bene per l’attuale politica economica europea (e per la Germania). L’Europa ha tolto l’Italia agli italiani nel 2011 e l’ha riconsegnata due anni dopo con dieci punti di debito su Pil in più e l’economia devastata. Alla Grecia è andata molto peggio. Qualcuno si stupisce della reazione dei mercati? Se la ricetta, gli ingredienti e il cuoco non cambiano è difficile pensare che il piatto possa essere molto diverso. Cottarelli faceva parte di quella istituzione che ha salvato la Grecia facendole perdere 20 punti di Pil. Se questa è la soluzione…



Oggi vorremmo dire due cose. La prima è che l’unico Paese che può opporsi a questa deriva dell’euro e dell’Europa è la Germania. Basterebbe che Berlino, che controlla le istituzioni europee, dicesse a Draghi di difendere il debito italiano; la Germania potrebbe aprire una trattativa con l’Italia devastata dalla crisi del 2011 e accordarle un minimo di flessibilità per fare investimenti e curare una popolazione devastata. Magari ottenendo tutte le assicurazioni sulla destinazione dei soldi spesi. In un giorno smetteremmo di sentire le notizie sullo spread e il Pil avrebbe un beneficio più che proporzionale al deficit aggiuntivo. Per fare questo, però, la Germania dovrebbe comunque passare da una situazione di non condivisione dei rischi e dei benefici a una di condivisione in un’ottica di costruzione europea e dovrebbe rinunciare alla sua attuale posizione di dominio. In sostanza la Germania dovrebbe decidere di avviarsi sul percorso di sovranità condivisa su cui si è avviata da anni l’Italia.



La sovranità condivisa per ora è un percorso su cui si sono avviati solo i Paesi sconfitti dal processo di integrazione europea o i Paesi di serie B. Infatti, l’Italia se non segue quello che le impone l’Europa è abbandonata al suo destino sui mercati. Germania e Francia hanno fatto quello che hanno voluto come si vede benissimo con la conferenza sulla Libia convocata a Parigi nei giorni più bui per la politica italiana. La Germania oggi è davanti all’alternativa tra salvare l’euro e condividere la propria sovranità oppure lasciare che il treno prosegua sui binari di sempre.

La più grande miopia nell’attuale dibattito sull’euro è che l’euro si possa salvare senza fare niente; l’euro non si salva se non si cambia radicalmente e in fretta oppure il continente viene ridotto a una colonia tedesca o franco-tedesca. Se la Germania decide di non salvare l’euro oppure decide che mettersi al servizio di questo progetto, con tutti gli oneri e non solo gli onori, non sia opportuno si aprono scenari inesplorati. La Germania al momento decisivo deve scegliere tra una sovranità condivisa in Europa oppure rimanere padrona esclusiva dei propri destini non fidandosi degli scrocconi europei: in sostanza tutta l’Europa mediterranea Francia inclusa. La Germania avrebbe o ha avuto l’occasione di essere leader dell’Europa, ma preferisce prima fare il padrone e poi quando c’è da “pagare” dire di no portandosi via il bottino e le spoglie.

La seconda questione è che il panorama internazionale è cambiato. Lo scontro tra Stati Uniti e Germania sia per quanto riguarda la politica economica, con un surplus commerciale senza senso, sia per quanto riguarda la politica internazionale con le fratture sempre più evidenti nei rapporti con la Russia e la Cina, si è aggravato grandemente. Gli Stati Uniti, a ragione, accusano la Germania di competizione scorretta perché Berlino può accumulare surplus commerciali record senza dover rivalutare la propria moneta e senza mettere in nessun modo mano al portafoglio per pagare l’appartenenza all’euro. Anche le imprese del nord Italia esportavano con una valuta debole, ma pagavano il conto mettendo le proprie tasse a disposizione di uno Stato in cui a Caltanisetta o a Brescia si prendeva lo stesso stipendio statale.

Gli Stati Uniti non possono colpire la Germania perché la Germania è dentro l’euro con l’Europa usata come uno scudo umano. Le sanzioni americane colpirebbero indistintamente francesi, invece allineati, e tedeschi; qualsiasi battaglia contro la Germania, che in opposizione a Inghilterra a America procede sul Nord Stream 2, sarebbe problematica all’interno dell’attuale infrastruttura europea. Si sommano indizi che fanno intravedere un contesto più ampio in cui l’Italia può essere la pedina, sacrificabile?, di una partita più ampia in cui la rottura dell’euro risolve sia le contraddizioni dell’euro, sia quelle geopolitiche.

L’unico modo per salvare l’euro è schiacciare sull’acceleratore dell’integrazione; l’unico Stato che può decidere questa opzione è la Germania. L’unica condizione che la Germania deve accettare è perdere la propria esclusiva sovranità. Se decide di no, e tutte le indicazioni vanno in questo senso, l’euro si potrebbe spaccare non perché esce l’Italia o la periferia viene espulsa, ma perché esce la Germania, rifiutando l’integrazione necessaria a salvare il progetto, portandosi dietro solo i suoi alleati più immediati. Ci si avvierebbe verso una rottura disordinata dell’euro di cui a questo punto sono complici tutti quelli che non hanno mai voluto nemmeno contemplare la possibilità, nemmeno con la crescente evidenza delle sue contraddizioni strutturali.

Non esserci preparati alla possibile rottura costerebbe carissimo con la speculazione libera di colpire in assenza di qualsiasi meccanismo di aggiustamento/contenimento. Per chi crede sia possibile cambiare l’Europa per la via democratica delle istituzioni europee basta leggere e rileggere quanto detto ieri da Oettinger sui mercati.

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