La Commissione europea ha presentato le previsioni di primavera accompagnate da messaggi non proprio positivi per l’Italia. Non solo perché si stima una crescita del Pil in diminuzione, ma perché, secondo Bruxelles, nel nostro Paese “l’incertezza sulle politiche è diventata più pronunciata e, se prolungata, potrebbe rendere i mercati più volatili e intaccare il sentimento economico e i premi di rischio”. Il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici ha anche parlato di sforzi strutturali fatti dall’Italia quest’anno “pari a zero”. Abbiamo chiesto un commento a Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze.



Professore, cosa ne pensa del messaggio arrivato da Bruxelles?

Prima ancora di leggere quanto scritto dalla Commissione, avevo già l’impressione che l’economia italiana stia rallentando a causa dell’incertezza politica. Mentre i mercati finanziari si godono la tregua di questo periodo, noi non stiamo sfruttando questa opportunità, che rappresenterebbe un vento favorevole per una nave che sta rischiando di andare in panne per un’incertezza politica. 



Esattamente cosa sta facendo rallentare l’economia?

Tutto ruota principalmente intorno alla prossima Legge di bilancio e alla possibilità che ci sia o meno un aumento dell’Iva. Questa incertezza frena gli investimenti sia delle imprese che delle famiglie.

Non ha un peso anche l’incertezza riguardo la possibile guerra commerciale tra Unione europea e Stati Uniti?

Sì. Storicamente i nostri rapporti con gli Stati Uniti sono stati buoni e potrebbero esserlo ancora, sia perché ci sono le basi Nato, sia perché c’è un interesse alle nostre relazioni con la Libia. Tuttavia senza un governo autorevole ci ritroviamo danneggiati perché assenti dai tavoli che contano. Anche a livello europeo, dove c’è da decidere il futuro assetto dell’Eurozona con le posizioni divergenti di Francia e Germania che non tengono conto degli altri paesi.



Secondo lei, la percezione di un rischio per la nostra economia è presente anche in Italia?

Mi sembra che ci sia una certa preoccupazione in Confindustria. Finora, infatti, non si era vista sul Sole 24 Ore una posizione chiara contro il reddito di cittadinanza e nemmeno un allarme sul rallentamento economico. Del resto c’è anche molta confusione in Europa sulle banche, tra Unione bancaria, normativa sugli Npl e sui titoli di stato in possesso delle banche. Tutti temi cruciali per il futuro del nostro sistema bancario e per il credito. Ci troviamo quindi in una situazione di sudditi, di vassalli, e paradossalmente la Commissione europea comincia a preoccuparsi per noi più di quanto facciamo noi stessi. 

L’Europa è preoccupata, ma lo stallo politico in Italia è evidente. Come lo si può sbloccare?

Da alcuni giorni circola l’idea di un Governo del Presidente con un incarico dato a qualche esperto di diritto amministrativo, un regolamentatore. Ma sarebbe una cosa assurda, considerando che il Paese è bloccato da regole e papocchi amministrativi. Questi poteri neutrali finirebbero per incastrare ancor di più nel vetero dirigismo la nostra economia. Tutto questo sarebbe solo dannoso. 

Bisogna allora tornare al voto?

Il centrodestra è la maggioranza reale nel Paese. Con un ritorno alle elezioni avrebbe una vittoria netta, ma, come ho già avuto modo di spiegare, noi non possiamo permetterci il voto anticipato: ci vuole un piano quadriennale di sistemazione dei conti pubblici.

Qual è allora la soluzione?

Un Governo del Presidente, ma guidato dal centrodestra, altrimenti sarebbe contrario alla maggioranza del Paese. Lo stesso Capo dello Stato, esercitando i propri poteri, potrebbe essere garante del fatto che questo esecutivo rispetterebbe le regole italiane ed europee, respingendo così ogni obiezione in tal senso da parte di chi ha timori per i conti pubblici o per la tenuta del Patto atlantico. Sarebbe un vero governo, cosa di cui l’Italia ha bisogno.

(Lorenzo Torrisi)