Il patentino di cittadino affidabile? Battezzato pomposamente Social Credit System, si tratta di un complesso meccanismo di monitoraggio del credito sociale attribuito a ciascun individuo attuato dal governo cinese. Per ora su base volontaria per arrivare nel 2020 al dispiegamento obbligatorio del programma che interesserà un miliardo e quattrocentomila cittadini cinesi.
Mentre l’Occidente è alle prese con il dilemma su come conciliare privacy, libertà individuali con la pervasività del datismo, la Cina sta sperimentando un meccanismo che intreccia la profilazione dei consumi di Amazon con un approccio orwelliano in un’ambientazione simile al distopico film The Circle di David Egger. Annunciato nel 2014 dal presidente Xin Jinping per rimediare al diffuso deficit di fiducia in un’economia digitale afflitta da corruzione, contraffazione e renitente alla formalizzazione degli affari con stipula di contratti scritti, il Social Credit System si prefigura come l’antidoto statale per instillare nella società cinese il valore positivo dell’affidabilità. Coltivarla è onorabile, infrangerla sospetto.
Al di là dell’accettabilità morale della pratica, il sistema di credito sociale cinese è parzialmente assimilabile alla valutazione di affidabilità correntemente seguita dalle banche di tutto il mondo per misurare la propria esposizione di rischio rispetto allo storico del credito di un operatore. Per mettere in atto questa sorveglianza a fin di bene, a fianco del governo sono scese in campo otto società private, da Tecent ad Alibaba, proprietarie di piattaforme di pagamento online, chat e social, fondamentali per raccogliere, incrociare e analizzare i dati che ciascuno dissemina deliberatamente sulla Rete.
Espresso in un punteggio che va da 350 a 950, il credito sociale viene definito non solo sulla base dell’andamento dei pagamenti per tempo delle bollette o del rispetto degli obblighi contrattuali di affitto per esempio, ma cumula punti attraverso il monitoraggio sia dei comportamenti online che delle relazioni interpersonali e anche nella vita reale. Sebbene l’algoritmo sia segreto, sono conosciuti i fattori presi in considerazione che spaziano da comportamenti giuridicamente irrilevanti a piccole infrazioni. Per esempio, la scarsa solerzia nel rispondere alle mail piuttosto che l’eccessivo acquisto di videogiochi fanno perdere punti; lo stesso se si rilancia una fake news mentre condividere un post di apprezzamento su un’azione governativa fa salire il rating sociale.
I rapporti di buon vicinato o il corretto smaltimento dei rifiuti alzano l’asticella reputazionale, mentre l’abbassano attraversare la strada fuori dalle strisce pedonali o fumare in zone proibite. I disubbidienti vengono colti in flagrante da una delle 176 milioni di videocamere di sorveglianza disseminate nei luoghi pubblici delle 30 municipalità che hanno aderito al sistema governativo di credito sociale, e grazie ai software di riconoscimento facciale sempre più sofisticati e precisi, si accorcia il salto dai Big Data al Grande Fratello.
Ai cittadini virtuosi lo Stato riserva vantaggi, come ad esempio l’esonero dal deposito cauzionale nei noleggi di un’autovettura, maggiore connessione di banda, corsie preferenziali nei check-in degli aeroporti. Per disincentivare gli scorretti e i furbi, un social credit basso diventa l’ostacolo per accedere a certe scuole, ricevere prestazioni di welfare o ottenere un lavoro e può diventare persino un impedimento per viaggiare in treno o in aereo. Le critiche paragonano il social credit all’evoluzione digitale dell’implacabile servizio di sorveglianza del partito comunista. Allora lo screditamento, dang’an, faceva retrocedere nell’assegnazione dell’abitazione, negava l’accesso a scuola dei figli, oppure costringeva a fare pubblica ammenda. Oggi il punteggio viene esibito orgogliosamente sul profilo Weibo (equivalente cinese di Twitter) mentre rappresenta un sicuro atout nei siti di incontri online.
Ma per quanto l’iniziativa cinese possa sollevare perplessità etico-giuridiche e polemiche sull’opacità del meccanismo di credito sociale ai fini di una società più democratica e giusta, è pur vero che sono decenni che noi internauti occidentali ci affidiamo ai sistemi di punteggio personale dei portali di recensioni come quelle compilate dagli avventori su TripAdvisor o i giudizi degli acquirenti su eBay. La graduatoria reputazionale di buona cittadinanza è solo poco più in là.