In questi ultimi giorni in cui si è, in vari modi, parlato di possibile attuazione di strategie per l’uscita (peraltro smentita) dell’Italia dall’Unione monetaria europea, è diventato argomento di attualità un tema tecnico normalmente riservato agli “addetti ai lavori”, quello del meccanismo dei trasferimenti in tempo reale dei pagamenti interbancari in euro tra tutti i paesi dell’Unione europea, compresi alcuni non partecipanti all’area-euro. Il meccanismo in vigore, chiamato Target 2, contempla un processo in tre passaggi: nel primo la banca ordinante invia un ordine di pagamento alla propria Banca centrale; nel secondo, la Banca centrale, accettata la validità del versamento, trasmette l’ordine alla Banca centrale ricevente tramite sistema Interlinking (rete telematica che collega i sistemi di pagamento fra il sistema bancario nazionale e la Banca centrale europea); infine, la Banca centrale ricevente accredita l’importo a favore della banca beneficiaria.



Target 2 si avvale di una piattaforma unica condivisa Ssp (Single Shared Platform) realizzata e gestita dalla Banca d’Italia, dalla Deutsche Bundesbank e dalla Banque de France a beneficio dei sistemi finanziari europei. Aderiscono al sistema Target 2, inoltre, le borse valori dei paesi dell’area dell’euro, insieme a quelle della Danimarca e della Polonia. Il sistema Target 2 ha l’obiettivo di riequilibrare gli squilibri delle bilance dei pagamenti tra i paesi aderenti dato che l’adozione della moneta unica e la fissità dei cambi non consentono di ricorrere alle riserve di valuta estera per compensare deficit di liquidità delle banche centrali e coprire il saldo con l’estero. Il sistema interviene così a compensare gli scambi e i pagamenti attraverso l’attivazione di prestiti delle banche centrali presso la Bce (che acquistano valuta estera). Le banche centrali che hanno bisogno di operare un riequilibrio del credito e devono, ad esempio, bilanciare un’eventuale aumento dell’erogazione di credito privato, devono aprire un passivo verso la Bce che presta loro i capitali.



David C. della Business School della City University of London ha acutamente notato, in un saggio recente, che il sistema è stato creato “per evitare l’implosione dell’eurozona” dato che essa non è un’area valutaria ottimale con piena e totale flessibilità e mobilità sia dei fattori di produzione e dei prodotti e servizi, come teorizzata dal Premio Nobel Robert Mundell nel 1961. Attenzione, il teorema di Mundell e le critiche a rimedi e scorciatoie come il Target 2 sono state, in tempi non sospetti, il tema centrale di un libro del 2012 dell’economista Alberto Bagnai, oggi senatore e al momento in cui scrivo in predicato per diventare viceministro o sottosegretario all’Economia e alle Finanze.



Le banche sono di norma tenute a riequilibrare i passivi e dovrebbero operare all’interno di una logica cooperativa con le altre banche europee transnazionali. Queste, tuttavia, possono non nutrire fiducia verso istituti di un Paese in deficit, preferendo conferire i propri capitali presso la Banca centrale nazionale, la quale può decidere di incrementare il proprio saldo positivo (tesaurizzandolo anziché investirlo) presso il sistema Target 2. Ciò dovrebbe suggerire una sclerotizzazione, se non un inceppamento all’interno del sistema interbancario europeo. Target 2, infine, non prevede meccanismi di riequilibrio, o tetti agli squilibri nei saldi, nel caso di un eccessivo accreditamento delle banche di un Paese verso la Banca centrale nazionale, in rapporto a quelle di altri paesi presso i quali si registra un eccesso di indebitamento delle banche nazionali nel conto della propria Banca centrale. Ciò comporta un saldo negativo verso l’Eurosistema (Bce e banche centrali nazionali) della Banca centrale in deficit e un saldo positivo di quella in surplus.

Soprattutto con l’inizio della crisi del 2008, si è avuto un crescente squilibrio tra alcuni paesi strutturalmente in surplus (Germania. Austria, Olanda, Finlandia) verso l’Eurosistema e alcuni permanentemente in deficit (Grecia, Francia, Italia, Portogallo e Spagna). Ciò rende difficile finanziare il disavanzo delle parti correnti dei paesi indebitati. In uno degli ultimi saggi scritti prima di morire, questo punto venne sollevato con forza da Luigi Spaventa, un economista che non può certo essere tacciato di essere stato euroscettico o populista o sovranista. L’impiego di misure di rigore di bilancio nei confronti dei paesi in deficit ha contribuito, a partire dalle fine del 2012, a ridurre o compensare gli squilibri nei saldi, consentendo un rientro dai passivi finanziari da parte del settore privato, abbattendo le importazioni e favorendo di conseguenza un riequilibrio nel sistema di pagamenti.

Torniamo al recente saggio di Blake (Target 2: the silent bail-out system to keep the euro afloat, per averne copia scrivere a d.blake@city.ac.uk). La conclusione è che, per quanto ingegnoso, Target 2 non è, e non può essere, un rimedio di lungo periodo. O si va verso una completa unione fiscale e politica, O prima o poi l’eurozona si spezza. Tema su cui riflettere. Soprattutto per chi ha responsabilità di governo.